ALBERTO ROMITO

1) Alberto Romito, chitarrista. Come nasce questo tuo amore per lo strumento?
Ciao Massimo, intanto ti ringrazio per la tua disponibilità, l’amore per lo strumento mi è stato trasmesso da mio padre, che da ragazzo suonava la batteria. La voglia di prendere in mano la chitarra e suonare mi è venuta però quando ho scoperto i Beatles, da quel momento non ci ho capito più nulla. Stavo ore ed ore a suonare le loro canzoni, passando dalla chitarra classica prima e quella elettrica dopo.
2 E’ dal 2007 che sei la chitarra e la voce dei Maf14, ottimo gruppo, ottimi musicisti…come nasce il tutto ?
Il progetto dei Maf14 nasce appunto nel 2007 da un’idea mia e di Matteo Niccolini, il bassista del gruppo. Da quel momento io e lui non ci siamo più separati. Si parlava di musica al banco di scuola delle medie per poi passare al banco del Liceo. Inizialmente si scriveva canzoni che fossero il più orecchiabile possibile, ma poi ci siamo impegnati di più e abbiamo buttato giù canzoni più impegnate per quanto riguarda gli arrangiamenti. La nostra passione per la musica non si è mai placata e siamo sempre impegnati tutt’ora a scrivere brani nuovi.
3 Il vostro sound si può identificare come pop rock, con la peculiarità di essere cantato in italiano e soprattutto con un repertorio originale e, cosa rara, con tutti pezzi vostri…
Si Massimo, giusto, non ci siamo mai allontanati da questo genere, ma soprattutto dal fatto di scrivere in Italiano, così possiamo trasmettere di più con le nostre canzoni.
4) Molti palcoscenici livornesi vi hanno visto protagonisti con la perla di aver vinto nel 2010 il concorso “ Navyas” in Fortezza Vecchia…soddisfatti ?
Certamente, molto soddisfatti di questo risultato, anche perché eravamo “Più giovani” e questo ci dette una spinta per continuare con il nostro percorso. Mi piace ricordare anche il premio della critica del premio bizzarri per il video della nostra canzone “Non è mica possibile”, video girato interamente con la tecnica della stop-motion, cosa non facile per chi non è del mestiere, ma alla fine il risultato è stato più che soddisfacente e secondo noi anche originale.
5) Progetti futuri? Qualche concerto dal vivo magari in città dove poter ascoltarvi?
Per il futuro desideriamo tanto registrare il nostro Album, le canzoni ci sono, gli arrangiamenti ci sono, quindi al più presto entreremo in studio e la cosa ci emoziona molto. Inoltre ad oggi stiamo provando con Pietro, il nuovo batterista, che è molto interessato al nostro progetto ed ha molta voglia di suonare e aiutarci con la scrittura delle canzoni.
Sicuramente verso Natale ci saranno concerti in giro per la città, ma ancora sono da definire.
6) Alberto, a quali chitarristi ti sei ispirato? Quali i tuoi modelli?
I miei chitarristi del cuore sono sicuramente George Harrison, Mark knopfler e Paul Simon, ognuno loro ha contribuito a far crescere in me la passione per la musica. Tecnica e creatività nella scrittura sono ciò che mi fanno apprezzare di più questi tre musicisti.
7) Siete un trio molto affiatato, chitarra, basso e batteria; mai pensato ad “allargare famiglia” ?
Sisi, ma questo soprattutto per i Live. In passato abbiamo collaborato con una violinista, un pianista e più recentemente soprattutto con Renzo Pacini al sassofono, che è sempre molto disponibile ad accompagnarci, ogni qualvolta che se ne presenta l’occasione.
8) Chi è oggi Alberto Romito ?
Chi sono oggi, penso di essere ancora l’Alberto del 2007 con le stesse passioni e gli stessi obiettivi e desideri, e questo grazie anche alla presenza costante di Matteo nella mia/nostra vita musicale. Mi ritengo molto fortunato ad avere un compagno di musica così, è ciò che ogni band dovrebbe avere

TIM GRIMM – 11/10/2018 Livorno

Nello splendido scenario della “Sala del relitto”dell’Acquario di Livorno, in un piccolo anfiteatro ricavato all’interno della struttura, è di scena Tim Grimm, cantautore di Columbus, Indiana.

Avevo già visto Tim dal vivo, accompagnato dalla moglie Jan Lucas e dai due figli; stavolta accanto a lui c’è Paolo Ercoli, uno dei migliori suonatori di dobro italiani.

I Had never palyed in front of pishes” (Non ho mai suonato davanti a dei pesci)…questo è l’esordio di Tim applaudito dal pubblico.

Vestito casual, perfettamente a suo agio, inizia subito il concerto.

Voce calda, suadente, avvolgente: il pubblico è subito rapito.

Le canzoni sono come acqua di sorgente, con testi sempre curati, profondi, taglienti…

Su tutte spiccano “These Rolling Hills” e “The Lake”, con il dobro di Ercoli che ricuce il tutto.

Alcune parole per spiegare cosa significa per lui la parola “eroe”, parola che ha usato per Ramblin Jack Elliott, suo grande idolo e amico e via con “The King Of The Folksingers”.

L’anfiteatro è piccolo, raccolto, una novantina di posti a sedere e Tim colloquia con il pubblico, spiega le sue canzoni in una atmosfera perfetta.

Colorado Girl”, cover del grande Townes Van Zandt, songwriter texano scomparso ormai da più di vent’anni ma ancora nel cuore di molti, cantata con passione e feeling da Tim suscita una ovazione e un pizzico di commozione.

A chiusura della sua esibizione live una splendida “The People’s Highway”, cantata come meglio non si potrebbe: da chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dove ognuno vorrebbe andare.

Un ottimo concerto dunque, per uno splendido beautiful loser, uno dei tanti di cui è pieno il mondo del rock: musicisti che non hanno raccolto quel che avrebbero meritato.

Tim Grimm, uno di noi.

EDOARDO DE MAIO

 

D Era il 1976 quando si formarono gli Hammer con Edoardo De Maio alle tastiere; in pratica immerso nella musica da giovanissimo, un virtuoso…immagino tu abbia fatto studi classici…

R All’inizio ho studiato per qualche anno, dai 9 anni, col Maestro Rovini e con mia sorella Barbara (prof. di pianoforte). Poi ho ascoltato molta musica e ho avuto alcuni insegnamenti dal Maestro M.Grossi e dal chitarrista S. Cirasaro, col quale cominciai a collaborare quando andai a New York nel 1983 e col quale suonai per alcuni anni nei Boston Globe.

D Gli Hammer, gruppo di notevole valore e spessore, musicisti super preparati, avete avuto il merito di farvi conoscere anche al di fuori dell’ambito cittadino: si ricorda un concerto allo Stadio dei Pini di Viareggio con una affluenza notevole di pubblico, ma non solo…

R Provavamo molto, sperimentavamo e lavoravamo sull’intesa

D Al tempo, si parla dei fatidici anni ’70, la Festa dell’Unità era un punto fermo e voi eravate di casa…

R Al tempo, non c’erano molte altre occasioni di suonare.

D Nel 1980 il gruppo si scioglie ma mi risulta che varie reunion si siano avvicendate sino ai giorni nostri…

R Nel 1980 direi che il gruppo è sbocciato, anche grazie al nuovo arrivo: il batterista Carlo Cavallini.

Eravamo giunti ad un livello d’intesa talvolta incredibile, questo per noi era molto importante, visto che ci piaceva dare sempre più spazio all’improvvisazione. Ogni brano diventava una traccia sulla quale esprimerci più liberamente possibile, talvolta era magicamente appagante…

spesso con noi hanno collaborato altri musicisti, con i quali c’era già o si instaurava un buon rapporto di amicizia. Passavamo molto tempo insieme, non solo per suonare, ma anche per ascoltare musica, parlare di musica, solo così riusciva a realizzare la musica degli Hammer.

D Oltre agli Hammer in quali gruppi hai militato?

R Ho suonato in alcuni gruppi, con musica diversa uno d’altro, perchè mi piace provare altre vie, specialmente musiche etniche da tutto il mondo, probabilmente è la mia indole “fusion” che viene fuori. Banda Loca, che facevamo musica brasiliana; Tendencia Latina, cubana; Guerrilla Farming, reggae; Boston Globe, fusion; Steak Blues Band…e altri, compreso anche orchestre di musica da ballo, per la pagnotta..

D Rick Wakeman, Keith Emerson…immagino i tuoi punti di riferimento…chi altro ?

R K. Emerson e John Lord prima, poi C.Corea, H.Hancok, ma soprattutti J. Zawinull. Questo per quanto riguarda i tastieristi, ma seguivo molto i gruppi di rock underground della scuola di Canterbury e poi le avanguardie del jazz, il grande Miles Davis…

D Negli anni ’60 ci fu il boom della musica beat e anche a Livorno non c’era locale che non permettesse a gruppi “nostrani” di suonare; negli anni ’70 la discomusic ha cambiato le carte in tavola, per arrivare ai giorni nostri dove artisti indigeni e non per suonare devono garantire loro un certo numero di presenze nel locale che li ospita…come leggi questa realtà ?

R Ogni periodo ha le sue difficoltà per suonare… all’epoca della disco riuscivamo comunque a suonare, anche se non molto, ma guadagnavamo molto più di ora. Comunque ho sempre puntato sulla musica “vera” cioè quella suonata senza basi elettroniche, pur essendo curioso delle possibilità offerte dall’elettronica. La disco non è il “diavolo”, purchè si riesca a mantenere in vita la musica suonata, questa, nel mio piccolo, sento che è la mia missione. Per tanti anni sono rimasto fuori dal giro, per motivi non solo economici, ma anche familiari (e anche di salute).

D I De Maio a Livorno sono un nome molto conosciuto nell’ambito musicale, cosa “bolle in pentola”, progetti futuri ?

R I miei fratelli sono stati molto importanti nella mia crescita musicale, sono il più piccolo di tre. Con mio fratello ho suonato spesso e mi ha contagiato anche nella passione per le percussioni. Con lui c’è sempre stata una grande intesa musicale. Spesso è stato ospite in altri gruppi in cui ho suonato, può darsi che ci ritroveremo in qualche altro importante progetto…

D Edo, un rimpianto, una occasione perduta, quel treno sul quale non sei salito che avrebbe potuto dare una svolta ancora migliore alla tua carriera ?

R Ho sempre cercato di fare quel che mi andava di fare. Con il gruppo Hammer ci è mancato di impegnarsi di più a livello manageriale…

D Chi è oggi Edoardo De Maio ?

R Oggi sono uno che sopravvive…da qualche anno, ho ritrovato la voglia di fare musica (mai del tutto abbandonata), sto studiando percussioni africane (dundun=batteria africana) col Maestro Moussa Coulibali del Mali, con grande soddisfazione personale, e con il quale suono nel gruppo di percussioni MIX. Continuo a studiare il pianoforte e suonare le tastiere con alcuni gruppi. Il grande sogno è di ricostituire il gruppo Hammer con gli amici Rodolfo Pezzini, Carlo Cavallini e Riccardo Mazzoli ed altri, perchè dentro di noi gli Hammer non si sono mai sciolti e prima o poi torneranno…forse prima.

CLAUDIO LAUCCI

D Claudio Laucci, compositore di musica da film, arrangiatore, produttore musicale,

pianista, insegnante di pianoforte, la musica per te non ha segreti…un amore totale

R Sì, in effetti mi piace e mi viene naturale declinare la mia passione per la musica in vari

ambiti. La musica comunque, per fortuna, continua ad avere un sacco di segreti da

carpire.

D Naturalmente provieni da studi classici tanto che hai usufruito del programma Erasmus

dell’ISSM P. Mascagni per recarti a Göteborg (Svezia) dove hai svolto un tirocinio post

laurea all’Academy for Music and Drama in qualità di pianista accompagnatore, dalla fine

di Agosto 2017 alla fine di Gennaio 2018. Bella e fondamentale esperienza.

R Gli studi classici mi hanno permesso di venire a contatto con ambienti musicali nuovi e

modalità di approccio alla musica che avevo coltivato poco in passato come ad esempio il

mondo dell’opera. L’esperienza svedese è stata piuttosto intensa perché mi ha spinto a

ridefinire il mio ruolo di musicista: ho imparato ad essere più pragmatico avendo un

sacco di lavoro da svolgere tra prove, concerti, direzione di coro, lettura a prima vista

etc… Inoltre ho potuto toccare con mano una realtà musicale sicuramente più stimolante,

curiosa e “libera” di quella che ho vissuto in Italia e, più nello specifico, a Livorno fino

ad ora.

D Nel 2005 ti troviamo membro del gruppo Le Gorille…

R Le Gorille è il gruppo che ha rappresentato una pietra miliare nel mio percorso di pianista

e compositore. Le ore interminabili di prove, registrazioni e concerti che ho passato

insieme a Giorgio Ramacciotti (chitarra e basso) e a Matteo Falleni (batteria) sono state

fruttuose e mi hanno insegnato ad essere esigente, e questo lo devo soprattutto a Giorgio,

e mai scontato dal punto di vista della creazione musicale. Inoltre eravamo e siamo

tuttora amici e credo che quest’aspetto abbia rappresentato un valore aggiunto: ci siamo

sempre divertiti parecchio durante i concerti e credo che questo divertimento sia arrivato

agli occhi e alle orecchie del nostro pubblico.

D Difficile etichettare il vostro genere: musica prettamente strumentale con punte di jazz,

classica, rock…

R Ti confesso che ci siamo scervellati non poco per cercare un’etichetta che potesse definire

la musica che facevamo ma poi ci siamo arresi e penso ancora che sia stato meglio così.

Suonavamo quello che ci veniva naturale e che ci piaceva. Ovviamente suonando musica

strumentale abbiamo sempre cercato di creare dei temi, nel senso più classico del

termine, riconoscibili, che ci fornivano poi il materiale musicale per poter sviluppare ogni

singolo brano. E’ sempre stato un lavoro di gruppo: il mio contributo consisteva forse

nell’introdurre elementi musicali del mondo della musica classica e del jazz, mentre

Giorgio rappresentava l’anima più “sporca” e blues, e Matteo quella rock con un piglio

sempre spontaneo e efficace.

D Nel 2008 vede la luce il vostro primo album omonimo e nel luglio 2011 registrate

Nautilus”…soddisfatti di questi lavori?

R Assolutamente sì. Mi ritengo soddisfatto e credo di poter parlare anche per gli altri due

componenti. Sono stati due dischi autoprodotti, registrati in pochissimo tempo (il primo

in 3 giorni e il secondo in una settimana) e in presa diretta (senza sovraincisioni quindi):

il risultato mi convince ancora oggi dopo 10 anni.

D So che vi siete esibiti anche a Skopje, la capitale della Repubblica di Macedonia per la XIV Biennale dei giovani artisti del Mediterraneo e in Francia…una bella soddisfazione

R Abbiamo fatto tanti concerti, sia in Italia che all’estero. L’esperienza macedone è stata

bellissima: abbiamo suonato in una piazza grandissima davanti a una miriade di persone

che ballavano e qualche giorno dopo in un parco pubblico in perfetto stile Unione

Sovietica, calati in un’atmosfera surreale…quando abbiamo iniziato a suonare Das Model

dei Kraftwerk abbiamo visto che il pubblico è andato come in trance. Magari sto

esagerando però la percezione è stata quella: per tre minuti ci siamo sentiti nell’Olimpo

del Rock…poi è andata via la corrente.

D E dopo che è successo? Altri lavori, progetti paralleli ? Progetti futuri ?

R Dopo la bellissima esperienza con Le Gorille ho seguito altre strade: ho approfondito lo

studio del jazz con Andrea Pellegrini, ho avuto modo di suonare svariate volte con Bobo

Rondelli sostituendo il suo pianista, ho completato il percorso di studi classici all’ISSM

Pietro Mascagni”, ho composto la colonna sonora per la web serie AUS prodotta da RAI

Fiction e ancora musica per cortometraggi, spot commerciali, spettacoli teatrali, musical;

ho inoltre scritto due piccoli brani strumentali in stile beat anni ’60 che compaiono nella

prima scena del film “La Prima Cosa Bella” di Paolo Virzì. Ho formato nel frattempo un

trio swing, Triple Sec, col cantante e chitarrista Mattia Donati e col contrabbassista Giulio

Boschi con i quali suono un repertorio di brani swing e old time Jazz. Per quanto riguarda

i progetti futuri ho intenzione di spingermi ancora più a fondo nella composizione di

musica strumentale per il cinema e il mondo degli audiovisivi in generale. Mi è stata da

poco commissionata la sonorizzazione di alcuni film muti che si concretizzerà in un

concerto/proiezione che avrà luogo a Livorno il prossimo anno; per l’occasione suonerò

insieme alla percussionista Altea Silvestri.

D Claudio quali sono le tue fonti di ispirazione, oltre al cantautore francese Georges

Brassens (il nome Le Gorille è un omaggio ad un suo brano ) ?

R Ascolto e ho ascoltato tantissima musica: amo la musica jazz e il blues dei primordi, il

reggae e il rock anni ’60/primi ’70, la musica minimalista di compositori come Terry

Riley e molta della produzione di Arvo Part… Ultimamente mi hanno molto incuriosito i

lavori pianistici di Chilly Gonzales e Nils Frahm. In generale mi sento di affermare che

mi piace tutto quello che percepisco essere senza fronzoli, diretto e spontaneo anche nella

sua imperfezione. Se proprio vogliamo parlare di fonti di ispirazione citerei Claude Debussy, Erik Satie e John Lennon: queste sono le figure che, per ragioni diversissime,

rappresentano il modo di vivere e fare musica che sento più vicino alla mia indole.

D Sei anche un insegnante di pianoforte…in una città come Livorno che non sempre è

stata benevola con i suoi figli artisti, cosa consigli ai tuoi allievi ?

R Adesso ho rallentato un po’ l’attività di insegnamento anche perché lavoro come

supplente di musica nelle scuole medie. In generale però cerco sempre di passare ai miei

allievi i concetti che, grazie ad alcuni dei miei maestri, si sono rivelati essere

fondamentali per me nell’apprendimento dello strumento e della teoria musicale:

divertimento e curiosità. Ritengo che la componente ludica e quella dello stimolo

continuo siano indispensabili per giustificare l’impegno e la quantità di tempo e energie

richieste per imparare a suonare uno strumento.

Per quanto riguarda l’accoglienza livornese alle manifestazioni artistiche penso sia

sufficiente ricordare che Amedeo Modigliani veniva schernito dai suoi concittadini col

nomignolo “ir filosofo” per i suoi comportamenti sopra le righe…Credo comunque che

non si possa addossare del tutto la colpa ad una città per l’insuccesso del singolo

musicista o artista in generale: spesso ho notato che davanti ad un primo insuccesso c’è la

tendenza a dare “la colpa” a qualcun altro quando basterebbe solo impegnarsi un po’ di

più e migliorarsi. Livorno dopotutto riesce ancora ad apprezzare le cose belle…quando ci

sono.

D Claudio, rimpianti, occasioni perdute che rimpiangi ancora o “rifaresti tutto”,

musicalmente parlando ?

R Ci penso continuamente a questo aspetto ma ogni volta mi rispondo di no. Sono contento

del percorso che ho intrapreso fino ad ora e sono anche contento degli “errori” commessi

e degli intoppi che si sono verificati strada facendo.

D Chi è oggi Claudio Laucci ?

R A saperlo…