D Maurizio Paoli, chitarrista…penso fin dalla tenera età…come nasce il tuo amore per questo strumento ?
R Nasce dall’adolescenza, un amore nato per caso
D Nel 1965 nascono i Falchi…4 amici di Shangay
R In quegli anni i complessini nascevano un po’ ovunque in città e anche noi di Shangay facemmo la nostra parte
D E’ vero che tutto nacque a seguito di un tuo incidente con frattura di una gamba ?
R La frattura alla gamba mi costrinse al riposo per un paio di mesi. Mario Finocchiaro, amico e vicino di casa, veniva spesso a farmi visita e naturalmente portava la sua chiatarra…da li nacque l’idea.
D Il vostro repertorio spaziava dai Beatles ai Rolling Stones…suonavate al Piper, alla Caravella, bei tempi…che ricordi hai ?
R E si..bei tempi…se ci ripenso mi viene la nostalgia.
Pensa che l’arrangiamento di una canzone dei Black Stars ci dette l’opportunità di fare un provino presso la casa discografica Equipe di Torino.
D E’ vero che faceste nel 1968 da apripista ai Corvi?
R E’ proprio vero. Era l’estate del 1968 e i Corvi si esibirono alla Caravella di Forte dei Marmi e noi aprimmo la serata. Che soddisfazione !
D Alla fine del 1969 il complesso si sciolse…che successe?
R Ironia della sorte…fu tutta colpa del provino di Torino. Quella opportunità decretò la fine del gruppo poiché alcuni genitori non dettero il permesso di questo viaggio-speranza.
D Da allora hai appeso la chitarra al chiodo o ai continuato a suonare?
R Non ho appeso la chitarra al chiodo ma non ho più fatto parte di un gruppo.
D Quali erano i chitarristi a cui ti ispiravi?
R Ho sempre avuto un debole per Eric Clapton
D Tutti noi abbiamo un rimpianto, una occasione perduta…musicalmente parlando quale è il tuo più grosso rimpianto?
R Facile individuarlo: si torna sempre a Torino…chissà…magari non avremmo fatto una bella figura, ma….chissà.
D Chi è oggi Maurizio Paoli ?
R Un pensionato che ha cambiato un po’ i suoi gusti musicali…mi piace tutta la musica ma ogni volta che ascolto l’intermezzo della Cavalleria Rusticana o Nessun dorma di Pavarotti accompagnato dalla pattuglia acrobatica dell’aeronautica mi metto a piangere .
Sono anche un nonno felice, ho ancora una chitarra acustica ed ogni tanto la suono ma il mio cruccio nonostante i vari tentativi, e’che nessuna delle mie 4 nipoti ha amore per la musica .
Il volume di racconti di Massimo Volpi, Bar Veloce, è un libro ricco: ricco di aneddoti, denso di vita vissuta… La linea conduttrice che crea un collegamento tra i singoli testi è quella del bisogno di autenticità, della necessità profonda di raccontare pezzi della città, Livorno, ma anche scene di quartiere, vicende ambientate nei bar, battute sagaci, producendo narrazioni piene di potenza, di ironia, ma anche di malinconia. (Lamberto Giannini).
D Paolo Montella chitarrista e violinista. Partiamo dall’inizio…immagino chitarrista fin dalla tenera età…
R Ho iniziato a suonare la chitarra all’età di circa 12 anni, prendevo lezioni dal mitico Tony di Music City.
D Negli anni 70 fai parte anche di un ottimo gruppo: Gli Idoli. Bei tempi, bella musica, che ricordi hai?
R Alla fine degli anni 60 inizia l’avventura degli Idoli. Il piacere di fare musica insieme, le prove, le serate. Avevamo due impresari che ci mandavano in giro soprattutto nel livornese, pisano, lucchesia e noi partivamo compatibilmente con gli impegni scolastici, e lavoravamo molto in estate. Eravamo minorenni, ci dovevano accompagnare un babbo guidava il furgone con gli strumenti. Ho magnifici ricordi di quel periodo: la passione per la musica e l’amicizia che era nata fra tutti i componenti del gruppo ci faceva passare ore fantastiche insieme tra musica e divertimento. Sono trascorsi così una decina di anni poi gli impegni di lavoro o di studio, io ero all’Università. Tempo ne rimaneva poco e ognuno ha preso strade diverse, è stato tristissimo ma comunque abbiamo vissuto un periodo fantastico.
D E poi il grande amore per il violino…
R Negli anni del gruppo musicale mi era nata la voglia di studiare la musica. Trovai una insegnante amica di famiglia violinista che accettò di insegnarmi la musica. La presenza del violino che mi faceva ascoltare fu un colpo di fulmine e iniziai anche lo studio di questo fantastico strumento.
D La chitarra abbandonata del tutto?
R Assolutamente no, sempre suonata per me e gli amici. Ho fatto per anni piano bar con la chitarra e la tastiera.
D Come violinista entri a far parte dell’Ensemble Bacchelli…
R Ho fatto il fotografo di professione e tempo ne avevo poco ma ho sempre suonato e studiato, ripeto facevo serate di piano bar, non pensavo all’orchestra, ma fu l’incontro con un componente dell’ Ensemble, che mi invitò nel gruppo a fare scattare la molla. Conoscevo già da tempo Rita Bacchelli che mi accettò, così oltre al piacere immenso di stare al centro delle note, di suonare quei pezzi classici che avevo da sempre ascoltato, si è consolidata l’amicizia con questa fantastica donna e direttrice eclettica.
D Tra gli Idoli e L’Ensemble che hai fatto?
R Come ho detto ho fatto il fotografo di professione, la fotografia è un altro mio grande amore. Ho fatto foto di moda, matrimoni, pubblicità, ho tenuto corsi. Mie foto sono apparse in pubblicazioni dei vari settori. Ho vinto premi e avuto segnalazioni in concorsi nazionali e internazionali, insomma è stato lavoro e divertimento insieme e di questo sono contento.
D Quali sono i tuoi mostri sacri, i chitarristi che da piccolo imitavi davanti allo specchio e i violinisti che hanno contribuito alla tua formazione?
R Mi è difficile rispondere a questa domanda, tanti sono i mostri sacri chitarristi e violinisti e ascoltando tutti che mi sono formato e sempre più appassionato
D Progetti futuri?
R Ho un po’ di idee, per adesso preferisco non parlarne.
D Oltre che musicista sei anche pittore e scrittore…
R La pittura e il disegno sono altri grandi amori. Ho iniziato anche questi giovanissimo in età di scuola elementare e non ho mai lasciato. Amo sperimentare tante tecniche dalla grafite al carboncino, pastelli, penne, acquarelli, olio, ecc. Ho fatto mostre collettive, personali e concorsi, ho ricevuto anche dei premi. Sono un accanito lettore da sempre e da sempre scrivo poesie che chiudo in un cassetto, non avevo mai pensato a pubblicarle. L’ incontro con un’ amica scrittrice livornese ha fatto scattare la molla e a Novembre 2022 è uscita la mia prima raccolta di poesie “Solo per il mare” per le edizioni CTL. E’ stato un sogno avverato, una grande soddisfazione.
D Tutti noi abbiamo un rimpianto , il rimpianto di non essere saliti su quel treno che aspettava solo noi…dove andava quel treno ?
R Chissà, alla fine meglio non averlo preso.
D Chi è oggi Paolo Montella?
R Un pensionato che nella vita ha fatto grosso modo quello che più gli è piaciuto fare e continua a fare le solite cose con un po’ più di tempo a disposizione.
D Paolo Montella chitarrista e violinista. Partiamo dall’inizio…immagino chitarrista fin dalla tenera età…
R Ho iniziato a suonare la chitarra all’età di circa 12 anni, prendevo lezioni dal mitico Tony di Music City.
D Negli anni 70 fai parte anche di un ottimo gruppo: Gli Idoli. Bei tempi, bella musica, che ricordi hai?
R Alla fine degli anni 60 inizia l’avventura degli Idoli. Il piacere di fare musica insieme, le prove, le serate. Avevamo due impresari che ci mandavano in giro soprattutto nel livornese, pisano, lucchesia e noi partivamo compatibilmente con gli impegni scolastici, e lavoravamo molto in estate. Eravamo minorenni, ci dovevano accompagnare un babbo guidava il furgone con gli strumenti. Ho magnifici ricordi di quel periodo: la passione per la musica e l’amicizia che era nata fra tutti i componenti del gruppo ci faceva passare ore fantastiche insieme tra musica e divertimento. Sono trascorsi così una decina di anni poi gli impegni di lavoro o di studio, io ero all’Università. Tempo ne rimaneva poco e ognuno ha preso strade diverse, è stato tristissimo ma comunque abbiamo vissuto un periodo fantastico.
D E poi il grande amore per il violino…
R Negli anni del gruppo musicale mi era nata la voglia di studiare la musica. Trovai una insegnante amica di famiglia violinista che accettò di insegnarmi la musica. La presenza del violino che mi faceva ascoltare fu un colpo di fulmine e iniziai anche lo studio di questo fantastico strumento.
D La chitarra abbandonata del tutto?
R Assolutamente no, sempre suonata per me e gli amici. Ho fatto per anni piano bar con la chitarra e la tastiera.
D Come violinista entri a far parte dell’Ensemble Bacchelli…
R Ho fatto il fotografo di professione e tempo ne avevo poco ma ho sempre suonato e studiato, ripeto facevo serate di piano bar, non pensavo all’orchestra, ma fu l’incontro con un componente dell’ Ensemble, che mi invitò nel gruppo a fare scattare la molla. Conoscevo già da tempo Rita Bacchelli che mi accettò, così oltre al piacere immenso di stare al centro delle note, di suonare quei pezzi classici che avevo da sempre ascoltato, si è consolidata l’amicizia con questa fantastica donna e direttrice eclettica.
D Tra gli Idoli e L’Ensemble che hai fatto?
R Come ho detto ho fatto il fotografo di professione, la fotografia è un altro mio grande amore. Ho fatto foto di moda, matrimoni, pubblicità, ho tenuto corsi. Mie foto sono apparse in pubblicazioni dei vari settori. Ho vinto premi e avuto segnalazioni in concorsi nazionali e internazionali, insomma è stato lavoro e divertimento insieme e di questo sono contento.
D Quali sono i tuoi mostri sacri, i chitarristi che da piccolo imitavi davanti allo specchio e i violinisti che hanno contribuito alla tua formazione?
R Mi è difficile rispondere a questa domanda, tanti sono i mostri sacri chitarristi e violinisti e ascoltando tutti che mi sono formato e sempre più appassionato
D Progetti futuri?
R Ho un po’ di idee, per adesso preferisco non parlarne.
D Oltre che musicista sei anche pittore e scrittore…
R La pittura e il disegno sono altri grandi amori. Ho iniziato anche questi giovanissimo in età di scuola elementare e non ho mai lasciato. Amo sperimentare tante tecniche dalla grafite al carboncino, pastelli, penne, acquarelli, olio, ecc. Ho fatto mostre collettive, personali e concorsi, ho ricevuto anche dei premi. Sono un accanito lettore da sempre e da sempre scrivo poesie che chiudo in un cassetto, non avevo mai pensato a pubblicarle. L’ incontro con un’ amica scrittrice livornese ha fatto scattare la molla e a Novembre 2022 è uscita la mia prima raccolta di poesie “Solo per il mare” per le edizioni CTL. E’ stato un sogno avverato, una grande soddisfazione.
D Tutti noi abbiamo un rimpianto , il rimpianto di non essere saliti su quel treno che aspettava solo noi…dove andava quel treno ?
R Chissà, alla fine meglio non averlo preso.
D Chi è oggi Paolo Montella?
R Un pensionato che nella vita ha fatto grosso modo quello che più gli è piaciuto fare e continua a fare le solite cose con un po’ più di tempo a disposizione.
D Ariberto Carboncini chitarrista. Quando hai scoperto l’amore per questo strumento?
R L’amore per la chitarra mi è stato insegnato da mio padre che aveva imparato da suo padre e che io ho trasmesso a mio figlio Riccardo.
D Nel maggio del 1965 formi gli Atomici, gruppo beat, come erano soliti chiamarvi…bei ricordi
R La data precisa non la ricordo ma ero proprio un ragazzino quando con Enrico Demi, Roberto Panciatici, Riccardo Chiesa e Roberto Dell’Agnello si fondò il gruppo “Gli Atomici”, nome suggerito dal babbo di Enrico Demi.
D In quella bellissima estate siete ospiti fissi del Caminetto di Tirrenia e La Casa del Popolo di Zambra…
R Si, abbiamo suonato in quei locali ma non solo. Dopo un po’ il sax di Roberto Dell’Agnello ci lasciò e fu sostituito dal sax di Corrado Lomi. In quel periodo avevamo un contratto per tutta la stagione alla Pergola di Cenaia la domenica pomeriggio. Finito il servizio verso le 18.30-19.00 smontavamo gli strumenti per andare a fare la serata a Nibbiaia: pensa che pazzi.
D Il gruppo ebbe vita breve, si sciolse infatti nel dicembre delo stesso anno, ma riusciste ad esibirvi al Gran Ballo d’Autunno organizzato dal circolo studentesco “Cave 61” nei saloni dell’Hotel Palazzo…una soddisfazione…
R Si fu una bella soddisfazione. Essere scelti per il Gran Ballo d’Autunno non era semplice.
D Sei rimasto in contatto con gli altri Atomici ?
R Per un po’ di tempo si ma poi ci siamo persi di vista. Con Roberto Dell’Agnello sono in contatto via Facebook.
D Hai attaccato la chitarra al chiodo o hai avuto altri gruppi?
R No, non ho attaccato la chitarra al chiodo, anzi: dopo lo scioglimento degli Atomici mi chiamò il gruppo Elite 95 (pensa 95 perchè in 5 avevamo 95 anni…) ed è stata la band con la quale mi sono tolto molte soddisfazioni. Il lavoro non ci mancava ed eravamo assidui in due locali: il Sirena di Rosignano per l’inverno e il Jolly Beach di Marina di Bibbona per l’estate dove a settimana facevamo anche 4 servizi. In questo locale poi, dopo lo scioglimento degli Elite 95 ho suonato con diversi musicisti tra i quali Roberto Galazzo, con il quale ho suonato anche con Aldo e i Consoli. Poi ho suonato anche con Toscano e i Sovrani. Ho smesso di suonare a 50 anni senza dimenticare Marco Shoemberg e Franco Rossiello.
D Quali sono stati i tuoi punti di riferimento, i tuoi mostri sacri, i batteristi che imitavi nella tua cameretta?
R Beatles, Luigi Tenco e Fabrizio De Andrè del quale, come solista, ancora oggi faccio qualcosa.
D Tutti noi abbiamo rimpianti o rimorsi, musicalmente parlando, qual’è il tuo più grande rimpianto ?
R Sinceramente non ho rimpianti, forse qualche piccola delusione ma rimpianti no.
D Chi è oggi Ariberto Carboncini ?
R Un piccolo imprenditore con una azienda di costruzione di insegne luminose con 13 dipendenti e che lavora ancora nonostante i suoi 74 anni ma sempre innamorato della musica.
D Alessandro Baldeschi…batterista fin dalla nascita immagino…per la gioia dei tuoi vicini di casa…
R In verità ho iniziato a suonare la batteria un po’ tardi…avevo 16 anni. Devi sapere che io sono nato a “pane e musica”: mio nonno suonava il bombardino nella banda cittadina e mio babbo era un virtuoso; suonava infatti il sassofono, il clarinetto e il flauto. La sera non avevamo ancora la televisione e la radio era il nostro passatempo; naturalmente in un ambirnte familiare del genere era facile sintonizzarsi sui canali musicali. Avevo 10 anni quando mio padre decise che dovevo frequentare l’Istituto Mascagni e imparare a suonare il violino. Ma quello strumento non faceva per me, con gran rammarico di mio padre. A 16 anni la “svolta”: un mio caro amico mi propone di iniziare a suonare la batteria di sua proprietà. Io non ho mai avuto una batteria in casa mia…andavo in Via San Luigi..quindi la gioia era tutta degli inquilini di quello stabile.
D Hai iniziato nel lontano 1965 con il gruppo Siderali suonando soprattutto nei circoli rionali riscuotendo molti consensi…bei tempi…
R Nel 1963 fui assunto alle Poste e con il mio primo stipendio mi feci un bel guardaroba alla moda, ma con il secondo comprai una bella batteria. Nacquero nel 1965 i Siderali riscuotendo da subito un bel consenso. Circoli rionali ma non solo ci davano la possibilità di esibirci e noi lo facevamo molto volentieri. Poi come spesso succedeva, le fidanzate di alcuni sciuparono tutto e il gruppo si sciolse.
D Poi nel 1967 dalle ceneri dei Siderali nascevano i Lords..che ricordi hai?
R Delle cosi dette ceneri c’ero solo io. Ma non fu difficile “mettere su il gruppo”. A quel tempo all’Attias c’era un vero e proprio “mercato del musicista”; la vicinanza del negozio Pietro Napoli faceva si che molti musicisti livornesi frequentassero la zona e così nacquero i Lords.
D Il vostro era un repertorio fatto di cover molto accattivante…
R Si faceva tutto per tutti. Nelle sale da ballo dovevamo “andare dietro alla moda “ musicale del tempo, dovevamo suonare “i balli” del momento, far ballare la gente. I proprietari di dancing ci cercavano soprattutto in estate ma non solo. Il Jolly Beach di Bibbona ci fece un contratto da giugno a settembre…tutte le sere meno il lunedì. Era duro ma gratificante. In inverno invece ci chiamavano a suonare nelle feste comandate e nelle feste private.
D Nel 1970 il geuppo si scioglie…che successe?
R Non è esatto che si sciolse: si modificò. Fidanzamenti, matrimoni, lavoro, orari fecero si che alcuni elementi abbandonassero il gruppo mentre altri li sostituivano. Le sale da ballo avevano scelto di cambiare, i dj avevano preso il posto delle orchestre ma rimanevano sempre le varie feste di partito che permisero al gruppo di lavorare fino al 1998.
D Hai avuto altri complessi o hai “attaccato le bacchette al chiodo” ?
R Dopo una breve parentesi nei Sovrani con Gigi Orlandi ho attaccato le bacchette al chiodo. Pensa non ho più neanche la batteria!
D Quali sono stati i tuoi mostri sacri, i batteristi che imitavi davanti allo specchio ?
R Sinceramente nessuno. Non avevo un modello al quale mi ispiravo.
D Gli anni ’60…anni irripetibili…la musica, la gioventù…raccontaci
R Ci vorrebbe un libro! Gli anni 60…un sogno: gioventù, belle ragazze, una vita spensierata…non mi far ricordare…
D Tutti noi abbiamo rimorsi e rimpianti che ogni tanto fanno capolino…musicalmente parlando, qual’è il tuo più grande rimpianto ?
R Uno grosso. Era il 1978 quando fui contattato dall’impresario Bentivoglio. Voleva costituire un trio: pianoforte, basso e batteria per fare musica d’ascolto durante il pranzo e la cena al Gran Hotel Hilton di Abu Dabhi che al tempo si chiamava Repubblica Araba Unita e era sul punto di esplodere turisticamente. La paga? 3 milioni e mezzo al mese quando alle Poste guadagnavo 600.000 lire. Non ci crederai ma dissi di no. Un altro rimpianto è quello di non avere studiato musica e uno strumento individuale. La batteria infatti è si uno strumento ma ha bisogno della “compagnia” di altri strumenti. A conti fatti, mio padre aveva ragione.
D Chi è oggi Alessandro Baldeschi ?
R Un pensionato ancora innamorato della musica che pagherebbe oro per tornare a sedersi dietro una batteria.
D Anna Romaldini, cantante…immagino fin dalla tenera età
R Sì anche se non ne ho mai avuto consapevolezza; fino ai 14 anni, cantavo sempre ma la mia prima arte era il disegno, e cantare era un qualcosa che facevo in automatico, senza pensare. Grazie a questo la mia voce si è evoluta naturalmente, senza aspettative
D Suoni anche qualche strumento ?
R Suono il piano da quando mi sono formata per insegnare. Da piccola ho studiato un po’ chitarra, ma sono rimasta a un livello molto basic, anche se spesso mi ha aiutato per scrivere le mie canzoni, più del pianoforte.
D Attualmente sei la vocalist del gruppo Visionarya, bel gruppo…come è nato questo ensemble ?
R Era un progetto interamente composto da Marcello Sanna, nato per essere strumentale: mi sono fatta catturare dalle sue armonie ed atmosfere ed ho quindi deciso di comporre linee melodiche e testi e sono nati i Visionarya
D La vostra musica potrebbe essere etichettata, anche se le etichette in musica sono sempre riduttive, electric music con venature rock metal…
R In effetti le sonorità attingono da molti generi e non abbiamo mai trovato un’etichetta che ci rappresentasse appieno. Abbiamo coniato il termine Fantasy Rock per le atmosfere oniriche, magiche e senza tempo che percepiamo nella nostra musica.
D Non solo sei cantante ma anche cantautrice
R Sì, cantautrice e ci tengo a dire anche compositrice perché scrivo interamente i miei brani (musica e testi) curando ogni particolare dalla scrittura fino alla scelta degli arrangiamenti. Sto in studio finchè non esce il prodotto che voglio, che deve essere interamente come ho deciso debba essere. Mi piace e voglio essere libera di scrivere in base ai miei gusti principalmente. Mi diverto tantissimo a creare gli arrangiamenti vocali delle mie canzoni e a partecipare attivamente alla fase di editing
I miei progetti inediti attivi sono Tyta Eden (house, dance, pop) Anna Romaldini (pop-rock, rock) e Visionarya (fantasy rock)
D In precedenza hai fatto parte di altri gruppi ?
R Ho avuto una band di ispirazione punk grunge durante l’adolescenza, ci chiamavamo Anemix e facevamo musica nostra ispirata principalmente a Nirvana, Green Day e alle band che ascoltavamo in quel periodo (anni ’90)
Per quanto riguarda le formazione cover ne ho avute moltissime, da una tribute con voce femminile dei Rolling Stones fino ad un quartetto lounge jazz. Mi piace molto spaziare nei generi musicali, sono molto aperta mentalmente alle commistioni e alle sperimentazioni.
D Con i Visionarya, se ben ricordo, hai partecipato ad un Sanremo Giovani…
R Era un evento in cui si esibivano diverse band italiane sul palco dell’Ariston, ma scollegato dal Festival. L’adrenalina nel mettere i piedi su quel palco è veramente indescrivibile, anche se non sei in gara. Pensai che su quel palco ci cantò Freddie Mercury nell’83 e mi sono emozionata tantissimo. Mettere i piedi sul palco dell’Ariston è un onore, è una bellissima soddisfazione.
D Progetti futuri, tuoi o con il gruppo ? Magari qualche concerto in città o dintorni?
R Vorrei continuare a scrivere musica e pubblicarla. Il live è molto cambiato e portare in giro musica originale non è semplice, sono percorsi totalmente diversi da quello che ho sempre fatto fino ad adesso, ai quali devi dedicare un certo tipo di attenzione e un certo tipo di dedizione che spesso non sono facili da sostenere se sei totalmente indipendente (soprattutto quando vuoi esserlo e non sei molto malleabile). Lavoro per diverse agenzie e in diversi progetti di musica cover che hanno per fortuna colmato la mia sete di live, che faccio per fortuna da sempre.
D Non solo cantante ma anche “vocal coach” presso MusicArte…interessante, faticoso ma anche appagante insegnare ai giovani…
R Direi non solo ai giovani perché ho allievi da 6 a 75 anni. Il canto è una passiome che moltissime persone hanno e che decidono anche da adulte di esprimere, con effetti davvero meravigliosi e a volte anche stupefacenti.
Insegnare non è semplice e devi studiare continuamente per restare aggiornata e poter sperimentare sempre tecniche e metodi nuovi ed innovativi.
D Con la musica e il canto si possono anche correggere disfunsioni…in cosa consiste il Metodo Proel di cui sei specialista ?
R Il metodo Proel, nel mio caso didattico, serve per riprogrammare la percezione del corpo e della voce nei cantanti in modo da eliminare tensioni, modificare atteggiamenti viziati, dare nuovi spunti e nuove prospettive nell’utilizzo della propria voce, dando nuovi strumenti che toccano anche l’igiene vocale, che deve essere sempre considerata per il mantenimento di una voce eufonica. È una tecnica corporea che integra la didattica tradizionale in modo veramente soddisfacente.
D Tutti noi abbiamo rimorsi e rimpianti per non essere saliti su quel treno che aspettava solo noi…musicalmente parlando, dove andava quel tuo treno ?
R Ho preso tutti i treni che potevo prendere. A volte si pensa di non aver preso i treni giusti ma poi capisci perché alcuni non sono mai arrivati e ringrazi che sia così, anzi tiri pure un respiro di sollievo.
Non ho né rimorsi né rimpianti, mi sento pienamente responsabile della mia vita e dove sono , anche se a volte non ne sono stata consapevole, l’ho deciso sempre io.
D Chi è oggi Anna Romaldini ?
R Sono una persona piuttosto centrata, in continua evoluzione e trasformazione. Mi piace quello che sono e sono orgogliosa di me. Mi impegno per raggiungere ciò che voglio con determinazione e tenacia, cercando di fare ciò che faccio per rendermi felice. Se coltiviamo il nostro mondo interiore con gioia oltre ad essere felici, possiamo essere di ispirazione anche per gli altri, dando forza ed energia a chi ne ha bisogno, nel mio caso le persone a cui voglio bene e i miei fantastici allievi di canto.
D Chiara Pellegrini, cantante. Nascere in una famiglia di musicisti cantare e suonare è stato un passaggio naturale…
R Naturale
si, ma non un passaggio ovvio; purtroppo nel nostro mondo non è una
cosa così normale per una bambina crescere circondata dalla musica e
realizzare che tutti i tuoi familiari fanno i “musicisti di
mestiere” cioè fanno di lavoro esattamente quello che amano fare,
in una società dove suonare, danzare, scrivere musica, insegnare
musica eccetera di solito è visto più come un hobby o un “talento”
da “sfruttare”.
Sicuramente
è un pregio avere una famiglia del genere, come allo stesso tempo
qualcosa di molto complesso da affrontare quotidianamente,
soprattutto da adolescente. Essere la settima discendente di cosi
tante generazioni di musicisti è un onore, una ragione in più per
trovare la forza di portare avanti la mia arte in un mondo sempre più
superficiale. Spesso mi domando come deve essere stato per i miei avi
essere musicisti durante la loro epoca; una cosa a cui penso spesso è
che gran parte di loro per esempio, erano e sono maschi, cosa che fa
sicuramente la differenza in questo mondo.
Essere donna
oltre che musicista per me è comunque un’ulteriore sfida che mi
mette alla prova costantemente e mi motiva a rinnovare la mia visione
della musica, adesso che sono mamma poi…un altro mondo ancora!
D Non solo
cantante, infatti hai studiato il corno, il flauto traverso, Canto
Lirico; consegui un diploma in Canto Moderno con Ilaria Bellucci
(scuola G. Bonamici, Pisa), studi Canto Jazz con Diana Torto
(conservatorio G.B.Martini, Bologna) e consegui un Bachelor in Canto
Jazz presso il prestigioso conservatorio Hanzehogeschool Prince Claus
Conservatory, in Olanda …mica poco…
R Sin da
piccola ho cantato e danzato; i miei giochi preferiti erano gli
strumenti musicali, i dischi e i Real Book(s) di Jazz che trovavo
nella libreria. Per me sperimentare i vari strumenti era un
divertimento, un modo per cambiare il colore ai vari tipi di voci che
immaginavo di avere; spesso per esempio giocavo ad imitare le mie
cantanti preferite: Ella Fizgerald, Billie Holiday, Rosa Passos, la
Callas, Noa, Maria João…e così imparavo le loro canzoni, i soli
di Coltrane, di Davis, la voce di Luis Armstrong. Ho scoperto dopo
che questo mio modo istintivo “of playing” nel sendo di “giocare
la musica”, è il modo più giusto attraverso cui tutti i migliori
musicisti hanno imparato e tutt’oggi imparano a suonare e cantare.
Ho sempre amato tutta la musica. Non era solo il jazz ad attirarmi,
ma anche le opere liriche appunto, la musica classica, le orchestre.
Il mio strumento preferito fra quelli che ho studiato da bambina è
stato il corno, pensa un pò…all’età di 10 anni scelsi e studiai
con dedizione per qualche tempo al Conservatorio Mascagni di Livorno.
Dovetti smettere perché mi misero l’apparecchio ai denti e mi
tagliavo le labbra ogni volta che suonavo. Piansi per qualche mese
quando mi dissero che non potevo continuare. Chissà, magari se non
avessi messo l’apparecchio ai denti oggi sarei una cornista in
qualche orchestra -con i denti storti-, invece che una cantante jazz
e polistrumentista!
D Ti sei
dedicata al jazz, genere musicale che si sposa felicemente con la tua
splendida voce, ma segui anche altri generi?
R Come
dicevo, per me la musica è una (anche se devo ammettere che ho
sempre fatto fatica ad ascoltare il metal, come oggi faccio fatica
con la trap e con certe canzoni proposte a Sanremo quest’anno per
esempio) e l’ho sempre ascoltata tutta volentieri. Ho scelto di
studiare il jazz sicuramente per la sua naturale versatilità che
prende le sue radici dall’improvvisazione che mi “innamorava”
ogni volta che mio padre e mio zio suonavano e facevano soli durante
i loro concerti, ma soprattutto perché a livello canoro è uno stile
musicale che offre una preparazione completa, lasciandoti gli
strumenti per usare la voce come meglio si vuole. Gli alti, i medi ed
i bassi con la voce dovrebbero essere studiati sempre partendo dalla
preparazione jazz – ovviamente partendo dal presupposto che si ha
un’insegnante all’altezza di tale insegnamento … – per poi
indirizzare il proprio cammino di studi in altri generi se lo si
vorrà. Un po’ come la danza classica nella danza ecco.
Da quando mi
sono trasferita in Portogallo ed appassionata a quella che
erroneamente per comodità chiamiamo “world music” per esempio,
ho scoperto che alcune canzoni, se pur di armonia semplice e con
melodie poco complesse, non sono semplici da cantare. Ci vuole sempre
una certa preparazione per poterle interpretare al meglio.
D Dopo aver
vissuto nei Paesi Bassi e nel Regno Unito, ti trasferisce a Lisbona,
in Portogallo, dove vivi, suoni ed insegni per 5 anni; qui avvii il
programma di Master/Specialistica con Maria João presso il
conservatorio Escola de Música Superior de Lisboa. Come nasce questa
“avventura”?
R Eh.
Inizialmente la scelta nacque da una semplicissima esigenza. Dopo
aver vissuto in paesi “freddi” e spesso grigi, anche se questi
offrono moltissimi stimoli – ho instaurato amicizie che dureranno
tutta la vita, per dirne una – ho sentito l’esigenza di sole, di
cibo saporito che mi ricordasse casa. Ma la “vera scelta” nasce
da un sogno che ho fatto una notte mentre ancora vivevo in Olanda:
non ho saputo cosa avessi sognato finché non vidi con i miei occhi
il luogo presente nel mio sogno. Era la Ribeira das Naus di Lisbona,
il porticciolo della marina situato proprio accanto alla storica e
bellissima Praça do Comércio.
Un giorno,
durante la mia prima visita a Lisbona, stavo camminando in giro per
la città e, passata Praça do Comércio la vidi, come nel mio sogno.
Capii che era un segno, la conferma che ero sulla giusta via, la
giusta direzione che la mia vita doveva prendere in quel momento. Mi
trasferii subito.
Successivamente
cominciai il percorso di Master in canto jazz con Maria João – per
me un idolo dell’improvvisazione vocale degli anni ‘80/’90 –
che però interruppi subito perché mi resi conto che non era quello
che volevo in quel momento; volevo sperimentare, scoprire, imparare
da ciò che trovavo in strada e non in un conservatorio. E così ho
fatto per tutti i fantastici 5 anni durante i quali ho vissuto a
Lisbona.
D Ti sei
esibita come solista anche se ultimamente accompagni alcuni musicisti
come Andrea Musio o un certo Andrea Pellegrini…
R Si! Ed è
stato e lo è tutt’oggi meraviglioso! Ahahaha
Non mi
fraintendere…suonare fianco a fianco con musicisti di livello come
loro è sempre un’onore e una bellissima esperienza in più da
raccontare, soprattutto suonare con mio padre con il quale sul palco
ho un rapporto unico …
Ma per una
cantante jazz esibirsi da sola è una cosa molto nuova; spesso si è
in trio o quartetto o addirittura in band molto più grandi. Il che è
bellissimo e ti fa sentire una vera leader intendiamoci… sopratutto
quando si canta in big band!
Ma solo
qualche mese dopo essere arrivata a Lisbona ho capito che volevo di
più: volevo scoprire cosa fossi io quando suonavo senza gli altri. E
l’ho fatto. Ho preso la chitarra ed ho cominciato a suonare.
D Perchè
l’esigenza di creare Kaira Mayra ?
R Perché
Kaíra Màyra è Chiara Pellegrini senza le parole “cantante jazz”
accanto e perché avendo vissuto così tante esperienze durante gli
anni in Olanda e a Londra avevo bisogno di mettere un vestito nuovo e
raccontarmi attraverso una nuova musica.
D Interessante anche il trio tutto al femminile Faya…
R Si, Faya è
nato a Lisbona e sin dai primissimi mesi è diventato un gruppo
forte, composto da donne forti, musiciste scalpitanti.
Per me è
stata anche un’ottima scusa per approfondire lo strumento della
chitarra – che non ho mai studiato, ma solo investigato come
autodidatta, cosa che non mi basta più, infatti non vedo l’ora di
avere il tempo di studiarla per bene! – che ho suonato anche in forma
di percussione. Questa band è stata una splendida partenza;
un’esperienza che mi ha regalato anche un bel primo premio a
Berlino nel Creole Global Music Contest nel 2019 e che mi ha segnata
sotto molti aspetti, sia a livello lavorativo, che musicale e
personale. Adesso la band è ferma.
D Dal 2009
ad oggi ti sei esibita in Germania, Olanda, Portogallo, Regno Unito,
Italia, Polonia, Francia, collaborando con artisti di fama
internazionale come The Trammps, Joris Teepe, Maestro Pellegrini, Guy
Mintus, Vittorio Silvestri, Carlos Mil Homens, Andrea Pellegrini,
Gonçalo Sousa, Olmo Marin, Nino Pellegrini, Nicolás Farruggia,
Giacomo Riggi, Toms Mikals, Esat Ekincioglu, Ziv Taubenfeld, Andrea
Caruso, Kristina Schäfer, Elena La Conte, Andrea Musio. Dal 2006 al
2016 partecipi a Masterclass con grandi nomi come Roger Treece;
Deborah Brown; Andam Nussbaum; Wess Anderson; Lewis Nash; Don Braden;
Kurt Weiss; Michael Moore; Steve Altenberg; Freddie Bryant; David
Berkman; Gene Jackson; JD Walter; Guinga; Gretchen Parlato; Deborah
Davis; Sheila Jordan; Elisabetta Antonini; Marco Bartalini; Anita
Wardell; Rosario Giuliani; CharisIoannou; Danilo Perez; Gwendolyn
Sampè – Prince Claus Conservatorie (NL)/ Saint Louis College Of
Music (IT)/ Teatro C (IT); Managment Artistico-Creativo con Teresa
Mariano…una gran bella soddisfazione…
R Eppure
penso sempre di non aver fatto abbastanza! Ahahah
Quando giri
il mondo e conosci così tanti maestri e colleghi, capisci che non si
finisce mai di imparare e che la musica ed il mondo dei musicisti è
come un quadro che puoi interpretare e ri-interpretare fino
all’infinito senza mai stancarti di farlo.
É un onore
per me aver conosciuto e collaborato con tutte queste persone.. e
chissà quante altre ne conoscerò!
D Progetti
futuri ? Qualche incisione ? Concerti magari in città?
R Fortunatamente
molti!
Nonostante
il terribile periodo che tutti noi abbiano vissuto e passato –
speriamo – a causa del COVID 19, nell’ultimo anno e mezzo, insieme
al mio compagno Andrea Musio – chitarrista, oboista, cantautore –
abbiamo anche cambiato paese rientrando in Italia, paese nel quale
non vivevamo rispettivamente da 12 anni… e come se non bastasse,
siamo ritornati in 3! Ho dato alla luce la nostra splendida Ginevra
Naira che ovviamente a un anno canticchia e tiene il tempo con il
piedino come sua madre…(chissà se sarà a portare avanti l’ottava
generazione di musicisti!?)
Siamo una
squadra vincente e siamo riusciti a ripartire nonostante le
difficoltà immense del periodo storico, del pochissimo sostegno che
molti degli stati europei – Italia e Portogallo sicuramente fra i
peggiori – hanno dato ai lavoratori del nostro settore.
Non solo
siamo riusciti a ripartire, ma insieme abbiamo dato vita ad un nuovo
progetto che si chiama Luarte Project con il quale proponiamo un
repertorio di World Fusion e canzone d’autore fra cover e originali
nostri, nel quale sia Andrea che io cantiamo, suoniamo la chitarra e
le percussioni.
Quest’estate
suoneremo molto, per la maggior parte in Toscana, con qualche data
nel Salento e nelle Langhe.
In questo
progetto per me il challenge è investigare il mio lato di
percussionista, oltre al lato di compositrice. Mi diverto moltissimo
perché suono spesso il cajon e piccole percussioni come la kayamba,
chakers ed altri, e perché al mio fianco c’è il mio compagno che
è un musicista pazzesco, oltre che autore di canzoni bellissime.
Abbiamo
anche in progetto di pubblicare il nostro primo EP quest’estate…
insomma… tante cose belle!
D Tutti noi
abbiamo un rimorso, un rimpianto che ogni tanto fa capolino per non
essere saliti su quel treno che aspettava solo noi…musicalmente
parlando, dove andava il tuo e perchè non sei salita ?
R No, io di
treni ne ho presi anche troppi…aerei soprattutto!
Scherzi a
parte, non ho di questi rimorsi fortunatamente… confido nel futuro
che mi proporrà ancora tante cose, e se nel passato ne ho persa
qualcuna ed era quella giusta, credo che me la riproporrà e si
avvererà se si deve avverare il sogno.
Ho viaggiato
molto ed incontrato persone incredibili, ho fatto una famiglia con un
musicista che da priorità alla stesse cose in cui credo io, sono
madre di una bimba splendida e figlia di genitori grandiosi che
credono in me e sostengono quel che faccio e che sono oggi.
Sicuramente
ho il rammarico di non aver avuto la dedizione da adolescente di
studiare seriamente tutti gli strumenti che avrei voluto studiare…
volevo addirittura diventare direttore d’orchestra! Ma l’esperienza
che ho oggi mi insegna che a fare quel che si vuole davvero fare c’è
sempre tempo: comincerò a prendere lezioni di chitarra e
percussioni, continuerò a scrivere quando ho qualcosa da dire e
chissà, forse porterò a termine il biennio per poi un giorno poter
insegnare nei conservatori tutto quello che so.
D Chi è
oggi Chiara Pellegrini ?
R Chiara Pellegrini è una musicista e compositrice scalpitante, un insegnante dedicata, una donna, un’amica, una figlia ed una madre che sarà sempre quello che è nata per essere.
D Valerio Casini, innamorato della chitarra fin dalla tenera età immagino…
R Ciao, bentrovato. Con la
chitarra ho cominciato a 13 anni circa, quando chiesi a mia zia di
prestarmi la sua chitarra classica per provare a suonarci canzoni
punk. Di tanto in tanto chiedevo dritte a mia cugina che è una
chitarrista professionista. C’è sempre stato un buon feeling tra me
e la chitarra. Ho anche altri strumenti con i quali mi diverto ma
quando devo scrivere prendo la chitarra.
D Attualmente fai parte del gruppo
Portulaca, ottima band, ottimi musicisti…come nasce questa unione?
R Nasce dal bisogno di fare quello che ci piace, e di farlo con chi è sulla stessa lunghezza d’onda. Meno testa e più cuore. Ho scoperto che rende più felici davvero.
D Prima hai militato nei Bad Love
Experience, altra ottima band…esperienza finita o percorso
parallelo ?
R Esperienza finita. Abbiamo condiviso quasi 20 anni di giornate, dischi, tour e tante esperienze. Troppe divergenze sul finire per poter continuare a stare insieme. Ho dei bellissimi ricordi e sono contento di tutto quello che abbiamo fatto, voglio e verrò sempre bene a quel periodo della mia vita ed agli amici che lo hanno vissuto con me.
D Tornando ai Portulaca sta uscendo il
vostro nuovo lavoro “Per il dolore, per la felicità”, mixato al
Jambona Studio di Livorno…soddisfatto?
R Si molto. E’ stato un lungo
lavoro, anche a causa della pandemia che interrompeva il ritmo. Ma lo
è stato anche perchè ci siamo presi tutto il tempo di fare le cose
con i nostri tempi e secondo il nostro gusto. Abbiamo registrato al
Banana Studio con Valerio Fantozzi, amico di vecchia data e ottimo
tecnico audio. Dopodichè lo abbiamo mixato al Jambona Lab da Antonio
Castiello e Aldo De Sanctis con i quali c’è stato feeling immediato
sulla direzione che doveva prendere.
D Se non sbaglio è interamente
autoprodotto…
R Si lo abbiamo prodotto noi
come Inner Animal Recordings, collettivo di artisti livornesi.
D Geniale l’idea di stampare 100 copie
in vinile con 10 copertine diverse…
R Grazie. Lo dobbiamo anche a
tutti quegli artisti che si sono fatti coinvolgere con entusiasmo.
Vedere con gli occhi quello
che un artista vede nella tua canzone è coinvolgente, è collaborare
su un piano di scambio emozionale e di soggettività diverse.
Proveremo a organizzare un
evento/mostra per presentare il connubio musica / pittura non appena
avremo in mano i vinili.
D In questo lavoro c’è un ritorno alle
radici, una ricerca della musica popolare…è il tuo genere o magari
preferiresti sperimentare altro ?
R La musica mi piace quasi
tutta. La mia casa però sono la musica country, quella folk e il
rock’n’roll degli anni 50. Più che sperimentare generi a me piace
collaborare e mi piace farlo con le persone con cui sento un feeling.
Dalla collaborazione nasce sempre qualcosa di altro rispetto a me
soltanto.
D Progetti futuri, qualche concerto a
breve magari in città?
R Per l’estate no, molti della
band sono sotto lavori che con la stagione raddoppiano. Da settembre
vediamo di mettere in moto qualcosa, sicuramente una prima a Livorno
si farà.
D Quali sono i tuoi mostri sacri, i
chitarristi che imitavi davanti allo specchio?
R Billie Joe Armstrong dei
Green Day da adolescente, dopo Pete Townshend, Steve Marriott, John
Lennon, Joe Strummer, Mick Jones, Bob Dylan, Eddie Cochran.
D Tutti noi abbiamo un rimpianto che
ogni tanto “salta fuori”…quale è, musicalmente parlando il
tuo?
R Non essere riuscito a vivere solo
nella musica. Il mondo musicale che amo, con cui sono cresciuto, di
cui ho letto, mi sono appassionato e che mi ha formato non esiste
più. Non parlo solo di genere ma di circuito. Odio questi discorsi
da vecchio nostalgico che non sono ma oggi, parlando su un piano di
realtà, è davvero difficile se non impossibile vivere grazie a una
band, un negozio di dischi, un’etichetta. Essere immersi nella
musica. Oggi abbiamo Spotify e Netflix.
D Chi è oggi Valerio Casini ?
R Sono un sognatore che si
confronta con la realtà ma non smette di sognare.
Ho bisogno di una meta, di
relazioni autentiche e di musica.
D Stefano Onorati, pianista immagino fin da bambino.
R Ho cominciato a suonare il piano
appena sono diventato abbastanza alto da arrivarci – fino a quel
momento suonavo l’organo Bontempi
D Ovviamente hai fatto studi
classici…
R Si ho studiato classica con diversi
insegnanti nel tempo e in maniera non continuativa, ma nonostante
fossi già avviato alla carriera jazzistica, mi sono diplomato
D Suoni jazz professionalmente dal
1993, anno in cui inizia la tua collaborazione con il sassofonista
Gianni Basso…
R Si. Ho incontrato Gianni nel 1993 a
Livorno e per me fu il primo concerto da professionista. Gianni
conosceva veramente un’infinità di brani a memoria e rimase
colpito dal fatto che giravo con un foglio con una lunga di lista di
titoli che sapevo a memoria. Con me si divertiva a suonare
soprattutto in duo dal momento che poteva suonare brani che spesso
altri non conoscevano.
D E prima che hai fatto ?
R Fino al 1992 sono stato studente di
Siena Jazz, è passato molto tempo, adesso sono 10 anni che ci
insegno. Avevo un po’ di situazioni musicali con amici e coetanei che
come me volevano imparare a suonare al meglio.
D Stefano Onorati Quartet, Three Lower Colours, Reunion Big Band, Vertere String Quartet, MilleNovecento, Big Band di Barga jazz, queste le tue band, e credo di averne omesse alcune, da tutte hai ricevuto e dato…
R Posso dire genericamente che da tutte
le situazioni a nome mio o gruppi in cui sono stato co-fondatore, ho
ricevuto tantissimo, esperienza, maturità, crescita. I gruppi si
costruiscono principalmente perché sai che con certi musicisti oltre
al lato musicale, c’è tutto un lato umano da esplorare e che
ovviamente non è isolato poi da ciò che succede. Vorrei menzionare
anche il mio trio con Senni e Paoli e aggiungere il nuovo quartetto
la cui paternità condivido con Fulvio Sigurtà che si chiama
Singularity (insieme a Gabriele Evangelista al contrabbasso e
Alessandro Paternesi alla batteria).
D Hai suonato in tutta Italia e Turchia, Svizzera, Germania, Olanda, Francia, Slovenia, Inghilterra…cosa ti è rimasto di queste splendide “avventure” ?
R Suonare all’estero è sempre molto
eccitante perché i musicisti italiani sono sempre benvoluti dal
pubblico straniero. E’ emozionante pensarci e quindi è come se
fosse una sfida ulteriore a dare il massimo possibile.
D Non contento insegni al Conservatorio
di Rovigo dal 2007 e al Siena Jazz University dal 2012…
R Al conservatorio di Rovigo sono come
se fossi a casa. Insegno là da 15 anni ormai e da 7 sono capo
dipartimento, il che vuol dire un sacco di impegno in più per
l’organizzazione e anche per la produzione visto che mi occupo
anche di organizzare due Festival e il Premio Tamburini.
D Ovviamente il jazz è nel tuo DNA, ma
trovi il piacere ad ascoltare altri generi ?
R Assolutamente si, ma non mi limito ad
ascoltarli. Mi piace sempre di più la sperimentazione elettronica,
passo molto tempo in studio a sperimentare e creare cose. Sto
lavorando ad un album ambient e collaboro con diverse situazioni di
musica elettronica ad alto livello. Mi sto occupando anche della
produzione di un disco di rock progressivo, mi ritengo un musicista
con una mentalità molto aperta e una visione a 360 gradi. Anche con
i miei studenti mi diverto ad andare oltre ai generi e alle
classificazioni.
D Quali sono i tuoi mostri sacri, i
pianisti che ti hanno fatto innamorare dello strumento?
R Innanzitutto i miei mostri sacri non sono soltanto pianisti. Quando a tre anni ho cominciato a mettere le mani su un piano vero, passavo molte ore ad ascoltare mio padre che è sempre stato un “Gershwin” dipendente, perciò già da quell’età ho cominciato ad imitarlo e a cercare di riprodurre quei brani. Durante l’adolescenza invece sono stato affascinato dal periodo fusion, soprattutto Chick Corea e i Weather Report per poi passare allo studio e all’ascolto di due pianisti che hanno avuto una grossa influenza su di me e cioè Bill Evans e Keith Jarrett. Il mio mostro sacro totale e assoluto è e resterà sempre Bach. Ovviamente ci sono altri artisti che sono stati fondamentali per la mia crescita, Miles Davis, Wayne Shorter, Kenny Wheeler, John Taylor. Attualmente non posso essere indifferente alla grandezza di pianisti come Brad Mehldau e Fred Hersch.
D Tutti noi abbiamo un rimpianto che a
volte torna prepotente…non essere saliti su quel treno che
aspettava solo noi ci fa ancora arrabbiare…dove andava quel tuo
treno?
R Come tutti ho perso diversi treni per
vari motivi, ma non ho rimpianti perché il mio principale scopo è
cercare di essere me stesso. Magari alcuni treni mi avrebbero portato
più lontano di dove sono adesso, ma forse ancora più lontano da me
stesso, perciò, pensandoci bene, forse sono contento così.
D Chi è oggi Stefano Onorati ?
R Posso dirti chi sono oggi, ma domani
vorrei magari essere altro. Non voglio stare fermo, voglio andare
avanti e riuscire ad evolvermi ancora. Guardandomi indietro (anche
per colpa della mia età) vedo che di cose ne ho fatte tantissime e
sono contento di averle fatte e che molte di queste hanno decisamente
contribuito a farmi diventare quello che sono adesso. Sicuramente
sento di avere ancora molto da dire e da fare e quindi lo Stefano di
oggi è proiettato verso i nuovi progetti ed altri che arriveranno e
che ancora non conosco…..