ENRICO ROSA

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D- Te e la chitarra…un amore indissolubile che dura da sempre…

R – Da piccolo avevamo il pianoforte a coda del nonno che era sia pianista che organista, cosi dalla prima infanzia giocavo e suonavo con quello. Mia madre voleva più spazio in sala cosi’ il pianoforte spari’ anche a dispetto di mio padre che lo suonava ogni volta che poteva. Lui era dirigente della Spica a Livorno ma la sua passione era la musica e spesso comprava nuove note e dopo la scomparsa del piano rispolvero’ il suo vecchio mandolino col quale mi divertivo anch’io. La chitarra fu un puro caso, il mio interesse era più su strumenti a fiato o ad arco come il violoncello ma era più facile farsi prestare una vecchia chitarra da un vicino e cosi dopo un anno con i soldi di Natale mi potevo solo comprare una chitarra per 11.000 lire e cosi fu.

D – Negli anni 60 e oltre a Livorno sei stato considerato il numero 1 in assoluto, un “maestro”…che ricordi hai di quegli anni?

R – .Sono sempre stato interessato all’armonia e composizione e il mio approccio alla chitarra fu più pianistico per usare subito polifonia e cosi via. La cosa richiedeva molto studio ma ero ormai dipendente dallo studio e cercavo sempre di trovare il modo di sviluppare lo strumento; infatti quando i miei amici mi facevano sentire dei chitarristi, non mi piacevano e mi riferivo sempre ad altri strumentisti, sui violinisti sia classici che del Jazz o pianisti, sassofonisti..A circa 15 anni il mio livello in confronto agli altri era più alto e orchestre professioniste come quella di Aldo Pavoletti venivano da mia madre a chiedere il permesso di portarmi fuori a suonare con loro che al tempo suonavano canzoni di Luigi Tenco e pezzi Jazz come Take Five e cosi via. Con loro ai tempi del Centro musicale del Tirreno entrai far parte del gruppo base nello studio del negozio gestito da Franco Fava ed il Corsi che aveva dei locali in citta’. Un’altra orchestra di musicisti che potevano benissimo essere i miei nonni e che suonavano al club degli ufficiali a Camp Darby mi chiese di suonare con loro perche’ non riuscivano a trovare un chitarrista che potesse suonare il loro repertorio che era prettamente di pezzi Jazz standard strumentali e per me fu una grande occasione per usare le cose che studiavo giornalmente ed usarle dal vivo. Allo stesso tempo cominciai a suonare al Piper ed ad accompagnare Marco che gestiva il locale e cantava in un sacco di posti, mi ricordo che spesso in macchina con lui andavamo a fare un piccolo show dove lui cantava ed io lo accompagnavo e delle volte raggiungevamo molti posti diverse durante la stessa sera/ notte. In effetti in quel periodo fui in grado di comprarmi la prima chitarra elettrica di marca, una fender Telecaster che piu’ tardi cambiai con una Gibson Les Paul. Dopo entrai a far parte di un gruppo che suonava in Versilia e prettamente Rythmen Blues i Pionieri e la cosa fu divertente ed anche interessante perche’ imparai a conoscere il Soul, Rock e cosi via Stili infatti molto piu’ semplici e che dai Jazzisti ed i Classici venivano snobbati. Io imparai a rispettare questi stili ed anche a constatare che nonostante il mio livello musicale non ero in grado, all’inizio, di creare il vero groove del soul o del rock. Usai queste esperienze per imparare anche questi aspetti e ne sono molto contento perche’ il mio modo di suonare e’ diventato molto piu’ interessante nel inserire questi colori musicali nel mio modo i suonare ed improvvisare su qualsiasi genere.

D – Tutto iniziò con i Simba…e poi il Senso Unico…

R – Quindi arriviamo ai Simba dove Amando Del Lama padre di Paolo il bassista venne a chiedermi di entrare a far parte . Amando era in effetti il manager del gruppo e viveva per noi ragazzi della band. La sua casa a Tirrenia era la nostra seconda dimora, sua moglie la nostra seconda mamma; lei ci cuciva i vestiti da usare sul palco, ci faceva da mangiare quando facevamo le prove e cosi via. Amando comprava strumenti e furgone per il gruppo usando spesso anche i soldi che non aveva. Era vero amore per la nostra causa. Il gruppo con Ilio Barontini al piano e tastiera, al tempo un organo Welson, Paolo Del Lama al basso, Sandro (non mi ricordo il cognome, scusa Sandro) alla batteria ed io alla chitarra. Avevamo moltissimi lavori tra l’altro al Caminetto di Tirrenia al tempo conosciuto anche come Tennis Club di Roberto Trebbi; anche in molti posti della Versilia, Montecatini e cosi’ via. Facemmo anche delle incisioni a Roma dal maestro Umiliani compositore di colonne sonore per film. Ci invito’ nel suo studio ad incidere. Anche qui Amando ed anche il Trebbi ebbero il merito del contatto a Roma. Piu tardi, inizio anni 70 Ilio Barontini lascio il gruppo . Senso Unico fu creato qui sempre con Paolo al basso, alla batteria il batterista dei Samurai ed al piano un ottimo pianista già usato con al tempo grossi nomi e che noi chiamavamo col soprannome Pungone (che in effetti vuol dire uccellone penso in pugliese) Mi ricordo il soprannome ma ormai non più il suo nome anche se eravamo sempre insieme e per un lungo periodo abitò a cosa mia, mi dispiace. Facemmo un bel po’ di concerti con pezzi nostri o altri pezzi nella nostra versione e suonammo anche a Firenze allo Space Electronic. li comincio il mio rapporto col locale che fu poi la casa del Campo di Marte che in effetti non si chiamo mai cosi’ in tutto il periodo di due anni circa.

D- E infine la meravigliosa avventura del Campo di Marte

R – Prima del Campo di Marte, vengo contattato dalla Verde Stagione un gruppo costituito da tre fratelli due gemelli al basso e batteria ed un”altro alla chitarra. Il chitarrista aveva bisogno di una pausa avendo dei neonati che richiedevano piu’ attenzione da lui. Quindi per circa sei mesi fui il chitarrista della band nelle tournee in Italia e qui conobbi Mauro Sarti nel negozio musicale del bassista a Prato. Mauro era stato il batterista della band ed era in giro in quel periodo col suo gruppo ,con Carlone conosciuto come Alfredo, Barducci piano, organo, flauto, corno francese nel venturo Campo di Marte e Richard Ursillo al basso che divento’ Paul Richard sulla copertina del disco. Mauro mi chiese di scrivere la musica per un progetto da creare insieme con base allo Space Electronic. L’idea mi piaceva e tutto comincio’ piu o meno all’improvviso, pochi giorni dopo Marcovecchio dei Califfi che voleva lasciare il gruppo al tempo famosissimo nella musica pop per dedicarsi a rock preferibilmente nuovo e cosi comincio’ il concetto con due batteristi e la possibilità di usare Mauro al flauto in qualche pezzo. Io mi trasferii per un periodo a casa di Carlone che era diplomato al conservatorio in Corno francese ed era un abile pianista ed anche flautista. Con lui potevo lavorare professionalmente scrivendo le musiche che lui poteva leggere e provarle insieme, quindi appena un po’ di materiale era fatto andavamo allo Space Electronic dove facevamo le prove ed allora un ‘altro processo di insegnare le parti a tutti cominciava. Appena i pezzi erano pronti venivano provati Live allo Space. Il nome della band non c’era e cosi ne provammo molti :il piu’ stravagante suggerito da Paolo uno dei due proprietari del locale, fu Osh Gosh Bigosh, cosi strano che me lo ricordo anche oggi. Peccato che non fu usato permanentemente. Gli altri tanti nomi usati sono stati tutti dimenticati. Una delle tante serate allo Space venne a trovarci Gian Borasi direttore della United Artists in Italia. Gian conosceva Marcovecchio che aveva caldeggiato il progetto ed era curioso di sentire la musica dal vivo. Quindi quella sera fu registrato il concerto con un microfono sotto il parco che divento’ il nostro demo che ci fece avere il contratto con la casa discografica. La cosa curiosa e’ che usammo un nastro che era stato usato per registrare una sera con il gruppo degli “Zero” band di casa allo Space che avevo conosciuto gia’ dal tempo del Senso Unico. Il fatto e’ che sulla scatola del nastro usato c’era scritto Concerto Zero e sulla lacca fatta dalla UA come demo venne scritto lo stesso nome. 30 anni dopo la stessa lacca ed il nome vengono usati per il doppio Live costituito dal demo del 1972 ed il Live koncert del 2003 intitolato quindi Concerto Zero. Subito dopo aver conosciuto Gian Borasi venni invitato a Milano come session man negli studi della CBS e della Ariston e qui cominciai ad incidere per Marcella Bella e tanti degli altri nomi Italiani feci parte del team costituito da Ares Tavolazzi basso, Tullio de Piscopo batteria, Goran Marianovic violino che fu parte di alcune incisioni e col quale avemmmo un progetto molto interessante con musiche di Goran, purtroppo la produzione non fu mai rilasciata. Goran e’ oggi primo violino alla Scala di Milano. Da quel periodo cominciai anche a suonare qualche serata con Ares Tavolazzi, Giulio Capiozzo batteria e Demetrio Stratos tutti e tre parte del gruppo Area. Piu tardi a gennaio 1973 lincisione del disco. Qui e testi fatti da uno studente Fiorentino vengono scartati ed una sra ci incontriamo con il npstro producer del quale al momento non mi ricordo il nome, ma sul sito Campo di Marte c’e’ una foto durante l’incisione dove Io e lui …. E credo che ci sia anche il nome. Comunque quella sera facemmo i testi nuovi ed il giorno dopo Gian Borasi gli altri del gruppo ci incontriamo per decidere un nome per la band, alla fine parlando di tutte le possibilita’ vengono fuori dei rioni di Firenze ed all’ improvviso il Campo di Marte che viene subito rifiutato dai ragazzi fiorentini ma Gian ed io ci guardiamo e qui viene l’intuizione del campo di guerra (guerra contro la guerra …..) quindi nonostante le proteste degli altri viene deciso il nome Campo di Marte. Nel periodo dopo l’incisione io sono occupatissimo negli studi a Milano ed in diversi progetti/ concerti ed il progetto da me fatto col Campo di Marte ormai per me vecchio diventa passato. L’assurdita’ e’ che il disco non e’ ancora uscito ed io non ho piu’ voglia di suonare col gruppo o quella musica che ho scritto ma tutte altre cose.Per circa 5 mesi dai giorni dell’incisione nonmi vedo con gli altri ma addirittura mi incontro a Livorno con Fabrizio Ughi mio vecchio amico e chitarrista per esempio con i Samurai ed altri gruppi abbastanza conosciuti, cosi’ parliamo di continuare il progetto Campo di Marte con nuova musica e la band viene fatta con Sergio Ducilli basso, Andrea Colli batteria, Franco la Placa tastiere, Loriano Berti (Fischio) sassofono e flauto ed io. Piu tardi Antonio Favilla fara parte del gruppo e ci saranno per un periodo due tastiere. A giugno 1973 viene rilasciati il disco e siamo invitati al Festival di Mestre dove Colosseum e qualche prog Italiani sono coinvolti ed in effetti Campo di Marte la sensazione del primo gruppo Italiano con contratto internazionale con casa americana come la United Artists. Il problema era che il gruppo di Firenze non aveva piu suonato con me dal gennaio dell’incisione e quindi mi reco a Firenze per fare delle prove. Il gruppo non funzionava affatto e forse io pretendevo troppo ma troppe cose erano dimenticate e il tutto risulta che a questo concerto grandioso ci presentiamo con un pezzo strumentale col Corno ed il flauto che era il piu’ facile da riesumsre (Alba) non mi ricordo che titolo aveva come tempo sul disco ed inoltre alla fine continuo da solo con la chitarra con in effetti la coda del pezzo che e’ sul disco che porta alla prossima composizione che non viene suonata ed il concerto finisce col mio solo in tutto un uscita di massimo 10 minuti. Dopo quel giorno la formazione fiorentina non ha piu’ suonato insieme. Tutti i concerti che facemmo dopo anche col gionale Re Nudo furono col Campo di Marte di Livorno dove producemmo una musica che non fu mai rilasciata e suonammo insieme fino al maggio 1974 dove io lasciai lItalia. Il gruppo fece qualche concerto anche dopo col nome Campo di Marte ma il tutto fini presto.

D- Chi sono i musicisti livornesi che ricordi con più affetto ?

R – Senza dubbio il primo e’ Antonio Favilla purtroppo oggi scomparso a circa 40 anni. Un ragazzo meraviglioso con tanto talento. Antonio fece parte sia del Campo di Marte Livornese e piu’ tardi nella band di Checco dei Giganti dove suonai nel 75/76 in un ritorno in Italia dove forse sarei rimasto ma l’austerity di quel periodo cancello le possibilita’ di rimanere in Italia.la stessa band con Checco,nella quale entrai appena di ritorno da un periodo in Norvegia e Germania, fu l’orchestra di Gianni Bella nella sua turne che termino’ al Piper di Viareggio dove ricevette il premio del festival bar col pezzo “Non si puo’ morire dentro” pezzo che in effetti avevo collaborato ad incidere ed arrangiare. Il prossimo musicista e’ Fabrizio Ughe che e’ un carissimo amico e collega chitarrista col quale ho sempre avuto molto piacere suonare insieme. Tony di music city e’ stato una pietra miliare della chitarra a Livorno mi ricordo quando il negozio fu fondato in piazza Cavour all’angolo opposto dove sitrova oggi subito prima di via ricasoli.Toni era di ritorno dopo un periodo come professionista ianche in Danimarca a Copenhagen ed aveva una buona conoscenza del Jazz ed un ottimo talento il che risulto’ in ispirazione per i giovani chitarristi. Andrea Michelazzi amico d’infanzia col quale suonai anche all’oratorio dei salesiani ed a casa dai suoi genitori e con i Pionieri. Quindi il prossimo e’ Pepe che sostitui andre nei Pionieri e che era icantante soul d’eccellenza solo con la mancanza dell’inglese, comunque la sonorita’ era giusta e cosi’ il feeling alla Otis Redding, Joe Tex ed il grande James Brown e gli Italiani del tempo non capivano comunque niente in Inglese quindi Pepe era perfetto. Andrea Colli fu un grande amico ed insieme cercammo di far sviluppare il Campo di Marte ci sarebbero tante storie da raccontare in riguardo. Franco la Placa, Sergio Ducilli grandi cari amici e mi ricordo del periodo con Checco dei Giganti dove Franco era uno dei due tastierist dove lui portava il riso integrade cotto da mangiare quando come spesso dovevamo suonare ad Asti o Mantova, Bologna e cosi via. Il Giangi e’ sempre stato un’amico e ci siamo visti molte volte e suonato insieme forse solo una volta a Castiglioncello. Un’altro caro amico e’ Mauro Romani che suonava con i Rangers, il Capitolo 6 e cosi via. Ci siamo visti spesso a Livorno ai tempi ed anche qualche anno fa. Un’altro vecchio grande amico e’ Massimo Peloso detto Zecca che era il batterista con il Pavoletti e come il Giangi un grande amante del Jazz. Massimo si sposo’ e si trasferi’ in Lombardia a nord di Milano, li lo visitai spesso e nei lunghi periodi dove lavoravo in studio a Milano abitavo da lui. Lo ho incontrato anche negli ultimi anni ed ora vive maggiormente in maremma dove ci siamo visti un paio d’anni fa.
Non ricordo altri per nome ma penso sempre ai musicisti a Livorno con i quali ho condiviso la mia infanzia e prima gioventu’.

D- Quando tornerai a suonare in Italia e a Livorno?

R – Verrei molto volentieri a suonare a Livorno sia da solo che con altri musicisti. La musica e’ la mia vita ed il mio grande amore

D – Vuoi salutare qualcuno attraverso il nostro giornale?

R – Un saluto a tutti i miei amici musicisti e un’ abbraccio a te e tutti gli amici della Sezione Musica.

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