LOU PINA

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Intervista alla cantante Lou Pina

D Lou Pina, cantante . Perchè questo nome d’arte visto che il tuo nome di battesimo è Sara?

R Mi chiamo Sara Lupini, ma da quando ho iniziato a utilizzare i social media, soprattutto facebook, ho cercato di utilizzare uno pseudonimo per mantenere un minimo di controllo sulla privacy. Lou Pina è un gioco di parole con il mio vero cognome e poi mi ricorda Lou Reed che fa sempre bene!

D Penso di essere stato il primo che ha “passato” un tuo brano in radio. Ricordo il tuo concerto con Francesco al Cavern…

R Stavo guidando per raggiungere la sala prove e ho sintonizzato la radio in tempo per sentire “Sunday Morning”, il nostro brano, alla radio; è stata una sensazione meravigliosa e ti saremo sempre grati per avercela regalata. Abbiamo ancora dei bellissimi ricordi delle serate al Cavern, sono state una parte importante della nostra esperienza musicale e non solo.

D Hai una gran bella voce, ripercorriamo la tua carriera musicale?

R Sorrido al pensiero di considerare la mia una carriera: ho iniziato con il teatro a 16 anni, presso il Vertigo dove, dopo qualche anno di intensa frequentazione, ho scoperto la mia passione per la musica. Grazie ai corsi e all’ambiente creativo di quella scuola ho trovato la mia “voce” e per questo devo ringraziare 3 persone: Marco Conte, Marco Voleri e Sergio Brunetti, che mi hanno convinto a fare un salto nel buio e iniziare a cantare. I primi passi tramite saggi e spettacoli, dal musical ai classici italiani, fino agli stornelli Livornesi, chitarra e voce sul palco dei 4 Mori.
A quel punto per sperimentare qualcosa di diverso ho lasciato il teatro e iniziato a cantare brani cover in una band di ragazzi.

Le prime prove al fondo presso il mercato centrale, non c’era un’idea precisa, suonavamo cosa ci piaceva e cercavamo occasioni per i live durante il periodo estivo.

Quando la band ha trovato un assetto e un progetto, sono nati gli Strange Colours. Ci eravamo spostati in zona Picchianti e avevamo realizzato una scaletta di cover classiche rock anni 60′ e 70′. C’era un ottimo feeling in sala e riuscivamo più o meno diplomaticamente ad accordarci sulla scelta dei brani, riascoltando le registrazioni amatoriali fatte da parenti e amici durante i concerti non eravamo male…tra il 2010 e il 2012 siamo andati un po’ in giro sui palchi di Livorno e provincia.
Siamo stati a suonare al mercatino americano durante Effetto Venezia, al Summer festival in Villa Corridi per la celebrazione dell’anniversario di Woodstock e in diversi locali cittadini, tra cui il Cavern. La mia storia musicale comunque si intreccia a maglie strette con quella personale visto che ho trovato l’amore tramite la musica, Francesco, il mio compagno da 7 anni: era il batterista della band e per me anche il principale supporto tecnico visto che personalmente non ho basi di teoria e, sebbene lui non abbia studiato musica, ha una predisposizione naturale ad apprendere e una pazienza infinita nel cercare di insegnarmi. Francesco suona anche la chitarra acustica e così al lato del progetto rock, a partire dal 2012 ci siamo dedicati a un progetto parallelo: un duo acustico minimalistico, chitarra d’accompagnamento, voce e un nome assurdo, i Sotto Una Grande Foglia Verde, che era effettivamente un oggetto di design per camerette in vendita all’IKEA che ci portavamo sul palco per fare un po’ di scena! Qui sono dovuta scendere a compromessi con le mie mancanze tecniche, con un assetto così essenziale c’è molto più spazio per errori e molto più potenziale per creare un contatto emotivo con il pubblico; tutto ruota intorno a quello a prescindere dal brano che si esegue, ci si sente molto più esposti, quasi nudi, la cosa mi terrorizza ogni volta ma non posso farne a meno.
Abbiamo portato con noi il progetto acustico che è ancora in piena salute qui nel circolo polare artico dove continuiamo a suonare nei locali e ai festival cittadini!

D Suoni anche la tastiera…

R Magari!! No, non suono la tastiera, nè altri strumenti… riesco a maneggiare una chitarra, saprei difendermi a una spiaggiata estiva davanti al falò ma non di più.

Francesco ancora oggi si domanda come è possibile che io abbia sviluppato un talento nel cantare e allo stesso tempo io abbia un rifiuto irrazionale quando si tratta di applicarmi allo studio di uno strumento.

D Che ci fai in Norvegia? Splendido posto, ma un po’ freddino…

R La Norvegia del nord, 200 km oltre il Circolo Polare Artico, in un’isoletta chiamata Tromsø. Non è stata una scelta facile, ma non ci siamo pentiti di averla fatta.

Mi ero laureata dopo 5 anni di studi in relazioni internazionali, era il 2012 e a causa della crisi finanziaria non c’erano i presupposti per un ingresso sereno nel mercato del lavoro, nè per me nè per Francesco. 6 mesi di internship in un’azienda meravigliosa mi hanno permesso di pianificare il trasferimento in Norvegia, avrei continuato gli studi con un master all’università di Tromsø che conoscevo già dai tempi del mio Erasmus. A gennaio 2013 ci siamo trasferiti, per due anni abbiamo convissuto in 12 metri quadri di stanza nello studentato, bagno e cucina condivisi con altri 3 studenti, studiavamo e lavoravamo per mantenerci. Piano piano la situazione è migliorata, ci siamo integrati con la cultura locale e decisi a restare abbiamo scelto di muoverci in un appartamentino privato, 30 metri quadri sembrano una reggia a confronto, non dobbiamo nascondere la chitarra sotto il letto e nessuno si lamenta di eventuali concerti improvvisati!

Questo paese ci sta offrendo delle opportunità e ora, a quattro anni dal nostro arrivo, possiamo dire di esserci tolti delle soddisfazioni, anche sul piano musicale dove continuiamo a incontrare reazioni positive dal pubblico locale.

D Quindi continui a cantare… L Pina

R I musicisti livornesi adorerebbero la scena musicale di Tromsø, ne sono certa.

Generalmente i norvegesi hanno una cultura musicale estesa, sofisticata e trasversale, amano il metal e le ragazzine vanno pazze per Justin Bieber, tutto vero, ma conoscono il jazz e la musica classica, hanno un versione nordica di country e folk appassionato, oltre al pop, la musica elettronica e certe nicchie indie sperimentali; qui la musica è rispettata, in tutte le sue forme. Tutte le persone che conosco si interessano a qualche forma d’arte, penso che sia una reazione al clima estremo e a una bassa capacità di socializzazione spontanea. Per uscire e trovarsi serve uno stimolo, suonare a un concerto o andare ad ascoltare un concerto sono ottimi stimoli, sani e talmente potenti da vincere contro le bufere di neve e la timidezza. In più chi suona uno strumento, e sono tanti, si può permettere di iniziare con strumenti di qualità e ricevere un supporto professionale dai locali e dagli organizzatori di eventi. Quasi tutte le band emergenti sfoggiano il top di gamma in vendita sul mercato e c’è una vera e propria ossessione per la qualità del suono in qualsiasi locale che presenti un palco per musica dal vivo. Inoltre è norma ricevere un compenso e l’assistenza necessaria, il musicista è trattato da professionista anche alla “sagra dello stoccafisso” e pertanto ci si aspetta una performance professionale in cambio; questo incoraggia e mantiene una scena musicale di alto livello. Non deve sorprendere che nell’arco dell’anno vi siano 7 maggiori festival musicali solo nella città di Tromsø, tra cui un meraviglioso 3 giorni estivo a celebrare la storia del rock, con nomi del calibro di Nick Cave, Patty Smith, Dream Teather, Iggy Pop, Gogol Bordello, Opeth, Alice Cooper, per menzionare solo le headlines degli ultimi anni.

D Com’è la scena musicale norvegese, per te che vieni da Livorno, città musicale tra le più prolifiche?

R Si, ovviamente, qui il duo acustico piace, abbiamo dovuto cambiare nome perchè ricordare Sotto una Grande Foglia Verde è già complicato per gli italiani figuriamoci per dei norvegesi che neanche sanno come pronunciare le singole parole. Qui ci chiamiamo “Folking Around” e grazie un debutto con il botto al Musikkfest siamo entrati di prepotenza sulla scena musicale amatoriale della città. Il festival che ci ha dato la possibilità di presentarci al pubblico si svolge ogni anno a fine agosto, per un’intera giornata il centro città ospita 10 palchi suddivisi per genere dove gli artisti si danno il cambio ogni 30 minuti. Ci siamo presentati con i nostri pezzi e alcune cover italiane, principalmente brani di De Andrè che rimangono capolavori a qualsiasi latitudine. Da quel momento abbiamo ricevuto ingaggi per eventi, anche privati, e siamo stati invitati a partecipare a jam sessions e open mic nights, da cui sono nate altre collaborazioni che tuttavia sono sempre in via di assestamento.

D Sei giovanissima, beata te, ma c’è un’occasione che non hai sfruttato o va bene così ?

R Amo quello che faccio e come lo sto facendo, va bene così, non mi prendo sul serio come musicista, nè mi sono mai affannata per crearmi delle occasioni nel settore. Potessi tornare indietro mi applicherei allo studio di uno strumento, questo è certo; è frustrante sentirsi limitati per la mancanza di basi solide su cui lavorare al miglioramento delle proprie prestazioni. Credo che possedere un qualche talento musicale sa un dono incredibile ma non ho mai creduto di avere qualcosa in più di molte altre belle voci là fuori. Forse, con un po’ più di consapevolezza del proprio potenziale, se affidata a qualcuno in grado di aiutarmi a coltivare quel potenziale e indirizzarlo verso un obiettivo preciso sarei stata in grado di vedermi come una cantante, trovare il mio stile personale e dare alla musica un ruolo ufficiale nella mia vita.

D Vuoi salutare la tua città e qualcuno attraverso il nostro giornale ?

R Livorno me la porto negli occhi e nel cuore ogni giorno, e da quando vivo all’estero sono sempre più convinta che non ci sia luogo migliore dove essere nata e cresciuta. Sono orgogliosa che la mia appartenenza alla città labronica definisca la mia persona, con le leggi livornine, i buchi per l’ombrelloni agli scogli piatti e “Puccio sterza”. Mi manca, mi mancano le passeggiate sul lungomare, le libecciate, il sabato in Via Ricasoli, le serate in Venezia, i miei locali preferiti dove sedersi a mangiare e chiacchierare con i proprietari è normale e si discute davanti a un ponce, e si gioca a carte sui bagni la sera, e si dibatte di politica davanti alle edicole e si va a sentire il Luti che suona al Cage o alla Bodeguita. I nostri saluti da qui vanno a tutti coloro che rendono Livorno unica e fiera nel mondo, e anche gli amici e i parenti, e i musicisti che ci hanno accompagnato e che ancora suonano in città e tutti coloro che ci hanno offerto una pizza e una birra in cambio di qualche nota messa bene.

D un ultima domanda…chi è oggi Lou Pina…Sara ?

R “I’m one of those regular weird people.” Janis Joplin

Lou Pina

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