ORESTE SPADONI

D 1978 si forma il gruppo Sole di Mezzanotte e Oreste Spadoni è alla chitarra ritmica e voce…
R Avevo 14 anni ed avevo appena conosciuto alcuni dei miei amici con i quali avremmo formato S.D.M.; ascoltavamo folgorati per interi pomeriggi LP con “puntine rumorosissime” : l’ energia del rock di Emerson Lake &Palmer, la chitarra di Santana, il flauto di Ian Anderson che dettava il ritmo dei Jetro Tull. Il rock era un collante che univa le nostre energie adolescenziali; io ero il più piccolo del gruppo, eravamo trascinati

D Erano tempi diversi da oggi…mi risulta che per comprare un amplificatore , spacciandovi per ragazzi della parrocchia, effettuaste una raccolta di carta, cartone, stagnola che rivendeste…
R Ero arrivato in quegli anni a Livorno per il trasferimento di mio padre che lavorava nelle Capitanerie di Porto. Affittammo un appartamento di proprietà della famiglia di “Armando Picchi”, amato fuoriclasse livornese. Spero che la famiglia non se la prenda, eppure ricordo che per comprare un amplificatore che ci consentisse di avvertire sulla pelle le prime vibrazioni del rock, svaligiammo la soffitta di tutte le scartoffie contenute che vendemmo tutto a peso. Purtroppo all’atto della vendita ci accorgemmo che la stagnola era pagata più del doppio della carta normale e comunque spacciandoci per poveri ragazzi della parrocchia racimolammo 5 mila lire che ci servirono per acquistare un amplificatore, indispensabile per liberarci dei” bongos” e della chitarra classica, che cominciavano a starci stare stretti.

D Il primo pezzo che provaste fu “Impressioni di settembre” ma nel vostro repertorio anche cover di Neil Young, Rolling Stones, Jetro Tull…che ricordi?
R Ricordo perfettamente quali atmosfere musicali ci circondavano. Intuì subito l’importanza della tecnica, e cominciai a prendere lezioni di solfeggio e chitarra classica. Avevamo perfettamente capito che dietro le svisate e i virtuosismi era necessario far crescere tecnica e rigore nell’approccio con lo strumento musicale.
Il rock era un pugno nello stomaco e poterlo condividere con i miei amici è stata un esperienza straordinaria.

D La terrazza dove abitavi vide le vostre prime prove…chissà come erano contenti gli altri inquilini…
R La terrazza, e spesso la mia casa fu teatro delle prime prove. Ricordo un concerto che facemmo nel salone di casa mia; il bassista si era provocato una frattura al pollice della mano destra, che, comunque non impedì lo svolgimento della “jam session”. Eravamo molto determinati, probabilmente con scarso senso critico, ma totalmente innamorati di quei suoni, della libertà che si nascondeva tra quelle note.

D L’inverno del 1980 segnò il tramonto del SDM come gruppo musicale, ma non come gruppo di amici. Nel 2009 c’è stata anche una reunion in un agriturismo nel volterrano…a quando la definitiva reunion ?
R Si, l’inverno del 1980 segnò il tramonto del SDM come gruppo musicale, ma non come gruppo di amici. Io ho continuato a girare per l’Italia dietro al lavoro di mio padre, ma ormai era fatta. L’esperienza livornese, proprio nel periodo della adolescenza, aveva modificato in modo indelebile il mio approccio alla vita. Senso pratico, ironia, cazzeggio erano diventati parte di me, e tuttora molto di quel ragazzo è rimasto nell’adulto che sono diventato.
Nel 2009, grazie a questi tanto criticati “social network”, ci siamo ritrovati un fine settimana in un agriturismo perduto nel tempo e nello spazio; le nostre vite hanno prese strade diverse, eppure quei due anni hanno avuto un effetto magico su di noi, solo la musica poteva fondere personalità diverse, e creare affinità che trenta anni dopo ancora si mantenevano intatte. E’ bastato uno sguardo, un camino acceso e una chitarra per ritrovarci a cantare insieme ed avvertire quelle atmosfere adolescenziali che in qualche modo continuavano ad esistere. Rimasi folgorato quella sera. Come un barattolo tenuto per alcuni anni in dispensa, che aprendolo, riproduce gli stessi sapori e gli stessi profumi che all’epoca erano il nostro pane quotidiano.

D Come chitarrista, quali sono le tue influenze, le tue fonti di ispirazione?
R Oltre quel rock anni 70 di cui accennavo, forte è stata influenza della musica brasiliana, dei cantautori italiani, che tra l’altro avevamo anche incluso nel nostro repertorio: Fabrizio De Andre di cui all’epoca era uscita una collaborazione straordinaria con la PFM, mischiando dunque al poeta genovese la timbrica aggrewswiva del rock italiano.

D Oreste, qualche rimpianto ? Qualche occasione non sfruttata ?
R Assolutamente no. Mi sono divertito da morire.
Forse, l’unico aspetto, che prescinde dal gruppo musicale, è il rimpianto di una vita livornese che non è mai accaduta, ma che ho sempre sentito dentro di me. Mi sentivo all’epoca livornese, e a dirla tutta continuo a sentirmici un po’.
Nel 1980 mio padre venne trasferito a Porto Torres e quei sogni, quelle energie, quei suoni, continuano ad essere parte integrante della mia personalità.

D Abiti a Civitavecchia, vuoi salutare qualcuno a Livorno attraverso il nostro giornale ?
R Oggi vivo e lavoro a Civitavecchia, e di tanto in tanto, qualcuno ascoltandomi parlare mi chiede se sono di Livorno, non riesco a nasconderlo…
Voglio ringraziare i miei amici di band e di vita Tore, Enrico, Salvatore e Franco e Giovanni perché, anche se non ho più l’opportunità di frequentarli quotidianamente, quelle energie, quell’entusiasmo che mi hanno regalato ha costituito il capitolo più importante della mia formazione.

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