GIACOMO SALVADORI

D Alla fine degli anni 90 prendono vita i Betularia con Giacomo Salvadori alla batteria…

R E siamo sempre qua, pronti a un nuovo episodio. Intorno a me c’è tutto un altro contesto, un figlio, una famiglia, il lavoro; la mia vita si è arricchita ma niente ha tolto rilevanza alla musica, anzi più si creano impedimenti più mi accanisco.

D “La stanza di Ardesia”, il vostro disco del 2007 vi fa conoscere al grande pubblico…una bella soddisfazione…

R In tutto il nostro percorso ci sono state molte soddisfazioni alternate a periodi anche lunghi di frustrazione, il nostro pubblico non è mai stato grande, vero che il nome ha girato a tratti in ambito nazionale, ma La Stanza di Ardesia, per la sua forma non certo immediata, e per il contesto non felicissimo della musica underground, non avrebbe potuto in nessun modo avere un grande pubblico.

D Difficile etichettare il vostro genere: moderno e classico, rock e cantautorato…

R In tutta sincerità è sempre stato un problema anche per noi, una vera scocciatura, a qualsiasi lavoro puoi dare facilmente un’etichetta, se non ti basta una sola puoi aggiungerne una seconda e così via. Noi abbiamo cercato di lasciare la porta aperta alla creatività, pertanto ci siamo sempre esonerati da questo giochino e continueremo a farlo. Personalmente l’unico termine a cui sono affezionato è Underground: ti dava un colore e rivelava qualcosa del tuo approccio, del senso che davi alla musica e dove ponevi te stesso rispetto al mondo, al sistema. Adesso si preferisce usare il termine Indipendente, che non dice proprio nulla, afferma solo che sei sovrastato dall’economia.

D Dopo anni di silenzio nel 2013, dopo un concerto all’ex cinema Aurora, date alle stampe un vostro nuovo lavoro, l’Ep “Tracce”…raccontaci

R No, non è andata proprio così, “Tracce” è un Ep digitale, sono bozzetti di una preproduzione del 2010, dopo quell’anno ci sono stati profondi turbamenti nella formazione e alle preproduzioni in corso non ha seguito una produzione vera e propria, sono passati tre anni girando a vuoto, alla ricerca di un nuovo equilibrio interno, Gabriele (chitarra) non è cosa che sostituisci in due minuti. A un certo punto abbiamo deciso di voltare pagina, di fare qualcosa completamente diverso, abbiamo pubblicato quei bozzetti che avevamo (Tracce), ho smesso di suonare la batteria e mi sono messo dietro la chitarra acustica, da principiante, due anni dopo ne è nato un disco “Pura Sopravvivenza” (Novembre 2015) di cui sono molto soddisfatto.

D Giacomo, quali i tuoi punti di riferimento, musicalmente parlando?

R Mi impongo una ricerca continua, non ci sto a fare il nostalgico dei tempi passati. Ho due mondi di riferimento più che due punti, la musica italiana e la musica anglo-americana, e sono sempre in cerca di qualcosa di imprecisato che in quel determinato periodo della mia vita mi emozioni, non necessariamente una nuova uscita, mi basta che sia nuovo per me; il problema è che quando questo incrocio si verifica sono capace di ascoltarlo centinaia di volte. In questo momento ad esempio sono molto coinvolto dalla scena rap italiana, quella più feroce, che probabilmente è anche l’unica produzione attuale che mantiene quella ribellione tipica del Rock.

D Cosa ne pensi della scena musicale livornese, una città da sempre in fermento da questo punto di vista, con centinaia di band “indigene”?

R Non manco mai di ascoltare i lavori dei miei concittadini, a casa ho un reparto specifico di dischi di autori livornesi. A Livorno nascono cose molto interessanti, ma di band vere e proprie non mi sembra ce ne siano tantissime. Vedo tanti “progetti”, molti di breve durata, molti con finalità trascurabili, le centinaia di offerte vanno pesantemente scremate senza nulla togliere alla grande creatività della mia città. Al momento i musicisti mi sembrano più orientati al progetto solista più che alla forma “gruppo”, come del resto avviene da diversi anni anche a scala nazionale.

D Progetti futuri ? Quando potremo ascoltarvi dal vivo a Livorno?

R Al futuro ci stiamo già lavorando, ho ripreso il mio ruolo di batterista, anche se la chitarra ormai fa parte del mio setup, nel 2017 abbiamo fondato uno studio che ci permetterà di lavorare in modi fino ad ora inimmaginabili, abbiamo già nuovo materiale da proporre e difficilmente arriveremo al 2019 senza pubblicare qualcosa. Per il live stiamo preparando uno spettacolo che oltre a proporre canzoni nuovissime attingerà da tutto il nostro repertorio. Non passerà molto tempo al prossimo concerto.

D Una domanda che faccio di rito a tutti i batteristi: Charlie Watts dei Rolling Stones ha affermato che il “suo culo” è quello di Mick Jagger perchè sono più di 50 anni che se lo vede dimenare davanti sul palco…quale è il “tuo culo”?

R Il “mio culo” non può essere che quello di Simone Turchi, non sono cinquant’anni ma venti tutti. Un appunto in merito però lo devo fare: madre natura il culo s’è scordata di farglielo. La stessa cosa vale per me e non sto parlando di fortuna.

D Nonostante la giovane età hai un rimpianto, una occasione non sfruttata che avrebbe potuto cambiare tutto?

R Sono sempre stato convinto che se dopo il 2007 fossimo restati compatti le cose avrebbero potuto decollare, ma non ho rimpianti per questo, ho sempre fatto tutto quello che mi andava di fare, la mia vita mi piace anche se sono eternamente insoddisfatto, il motivo è caratteriale ma ci sono abituato, guardo sempre avanti e probabilmente sacrifico molto del presente in funzione di un futuro non ben definito. A 36 anni mi sono messo a studiare il pianoforte fino a 39, a 39 ho iniziato a studiare la chitarra e tutt’ora lo sto portando avanti insieme a quello della batteria. Ho visto poche mattine a favore della notte, per studiare, per suonare, per fare tutto ciò che mi viene in mente di fare. Avvolte sento miei coetanei, o addirittura più giovani, dire “mi piacerebbe fare questo o quello ma ormai…”, questo salto mentale non sono in grado di farlo, finché sono vivo non mi precludo niente. C’è in me una parte infantile fortissima e ogni volta che le contingenze spingono verso la sua repressione mi sento letteralmente male.

D Oltre a te fanno parte dei Betularia, Simone Turchi (voce e testi), Nicola Porciani (tastiere), Eliano Brilli (basso)…ottimi musicisti e amici, la formula vincente?

R Se ci fosse una formula l’avrei trovata, sono bravissimo in matematica. L’amicizia può darti una marcia in più, avvolte può diventare un ostacolo, un gruppo risente tutte le oscillazioni individuali, in positivo e in negativo. L’importante è capire che le cose non restano mai immobili, devi restare malleabile e tenere le porte aperte a nuovi equilibri, influenze e partecipazioni. Ti chiudo l’intervista con due versi di Simone tratte dalla canzone “L’Esodo dei Girasoli” (La stanza di ardesia) a cui sono molto legato:

Fermi, in una staticità apparente

Mossi da un sottile vento, leggermente.

Lascia un commento