MAURO PINI

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1 Negli anni 70 la musica prog prende il sopravvento. Anche nella nostra città nascono gruppi sul genere soppiantando di fatto il beat. Aurora Lunare era la punta di diamante.

Conosco la situazione delle band livornesi dei primi anni settanta, notoriamente considerati l’età dell’oro del progressive rock (una definizione coniata a posteriori), solo indirettamente, non avendoli vissuti, una lacuna informativa in gran parte colmata anche grazie a i libri di… Massimo Volpi (toh!). In quel periodo uno dei gruppi più significativi, che hanno fatto storia, è stato senz’altro Il campo di Marte, con il loro omonimo disco. La livornesità era (molto ben!) rappresentata dal bravo Enrico Rosa che abbiamo avuto modo di incontrare e apprezzare qualche anno fa.

Quando ha avuto inizio l’esperienza “lunare”, nei tardi Settanta, l’utopia immaginifica del primo prog stava perdendo terreno di fronte ai cambiamenti sociali e culturali in atto. La sensazione prevalente era quella di muoversi musicalmente contro corrente, ma la vivevamo come una sfida, essendo interessati a quel che volevamo esprimere molto più che alla ricerca di un riscontro commerciale. In quegli anni, magici nel loro disincanto quanto tragici nella realtà sociale (i cosiddetti “anni di piombo”), non eravamo in molti a credere e intestardirci su un genere in declino, che stava rischiando di ripiegarsi su se stesso, poco recettivo rispetto a quanto stava accadendo nel mondo.

2 Voce, tastiere, flauto e percussioni…un polistrumentista. Ma qual’è il tuo strumento più amato?

Ehm ehm, diciamo meglio: cercavo di arrangiarmi con vari strumenti (in primo luogo tastiere), facendo il minimo indispensabile, quanto richiesto per la rifinitura dei brani; insomma, da jolly e tappabuchi lunare, pronto all’uso (e soprattutto al disuso ahahahah). Il mio ruolo nella band è e resta legato al microfono (vedi l’attuale line-up)

3 1978 Teatro Tenda in Fortezza Nuova apertura a Carla Boni, Luciano Virgili, Alan Sorrenti…che ricordi hai?

Erano le prime uscite di fronte a una platea più vasta, dopo la tradizionale e salutare gavetta fatta di concerti per gli amici (un classico rodaggio per le band alle prime armi), alcune iniziative per le scuole ed altre, ristrette, circostanze.

Non so che impressione abbiamo fatto al pubblico di Carla Boni e del livornese Luciano Virgili (due icone della canzone italiana anni 50-60), appartenendo a due mondi musicali e culturali distanti, ma sai, la musica è un linguaggio universale e quindi… mai dire mai! Fu un esperienza positiva per tutti, anche per l’incontro con questi importanti personaggi, ma in particolare per il nostro Marco: oltre alla sicurezza che seppe infonderci “dietro le pelli” in questa prima grande occasione (nel live aveva molta più esperienza di me e di Luciano – Tonetti, cofondatore, bassista, chitarrista e webmaster lunare), se la cavò benone pure ad accompagnare Carla Boni col suo pianista!

Prima di Alan Sorrenti (il periodo di “Figli delle stelle”) il Teatro Tenda era pieno di gente, in maggioranza giovani e giovanissimi, in fermento. Dovendo presentarci (allora si usava) nessuno di noi se la sentiva. Si respirava un aria pesante: al ché improvvisammo una specie di estrazione dietro “le tende del Tenda”. La malasorte toccò a Luciano che, superata la tremarella iniziale e con una buona dose di captatatio benevolentiae, riuscì a spuntarla.

Gli artisti professionisti avevano iniziato ad utilizzare le basi musicali curando molto l’aspetto scenico e la propria immagine: gli anni Ottanta erano alle porte. Proponemmo brani della PFM (periodo “Passpartout”) e delle Orme (periodo “Storia o leggenda”), entrando decisi in scena dando quanto avevamo, con la sensazione di fare qualcosa fuori contesto, il che, come accennavo, rinforzava la nostra determinazione a nuotare controcorrente rispetto alle tendenze commerciali di allora. Alcuni iniziarono a contestare, ma tutto sommato andò bene; al termine della nostra apparizione si udirono molto applausi e qualche fischio qua e là. Ruolo difficile (ma utilissimo) quello delle band di apertura: si ritiene che sottraggano tempo e spazio ai protagonisti (capita ovviamente anche a me quando vado ai concerti) quando invece non è così in quanto intrattengono (e presentano se stesse) nel tempo impaziente che precede l’entrata in scena degli attesi beniamini.

4 Nel 1979 invece gruppo di apertura alla Premiata Forneria Marconi…mica poco…

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Quando l’amico Pietro (Contorno, frontman dei Tugs) mi disse che aveva recuperato il filmino girato in occasione dell’allestimento del piccolo palco allo Stadio di Livorno in cui eravamo posizionati (di lato a quello della PFM, che abbiamo inserito nel trailer di presentazione del disco – ringrazio ancora Pietro di avercelo messo a disposizione), stentavo a crederci. Iniziammo al calare della sera mentre la gradinata dello stadio andava riempiendosi: grande emozione, momenti indimenticabili [siamo grati ai soggetti che ci offrivano gli spazi per esprimerci e questo è stato indubbiamente uno dei più importanti]. E tuttavia non mi abbandonava la sensazione di essere fuori tempo massimo. In casa PFM, era da poco uscito Suonare suonare, dopo la dipartita del grande vocalist Bernardo Lanzetti; il concerto venne aperto da Alberto Fortis, periodo “Milano e Vincenzo”.

5 L’apice della espressione progressive viene tuttavia raggiunta con il concerto al Teatro La Goldonetta cui fa seguito la partecipazione al Rally Canoro di Montecarlo nel 1980. Raccontaci…

Si, sottoscrivo, anche a distanza di oltre 26 anni da quelle due serate per noi particolarmente significative, che la Goldonetta” ha segnato l’apogeo lunare. Per un serie di motivi: per quanto abbiamo dedicato alla sua preparazione, cercando di curare ogni minimo particolare, per le composizioni e gli arrangiamenti, giunti alla piena maturazione. La grande competenza, passione ed esperienza tecnica di un Corrado (Pezzini) in piena forma ha dato il “là” decisivo alla sua realizzazione, come del resto noi tutti, nel proprio ruolo: Marco dietro i suoi inconfondibili rototom da cui di volta in volta spuntava e a cimentarsi con il piccolo vibrafono, Luciano con la scrittura dei testi di introduzione ai brani (e degli stessi brani) magistralmente recitati da Gabriella Pacinotti di Spazio Teatro. Alla line-up si era di recente aggiunto Marcello Bonetta, giovane tastierista, bravo e versatile (lo attenderà un brillante futuro in ambito rock, funky e gospel) che si è inserito presto e bene nel gruppo, permettendo fra l’altro al sottoscritto di essere più libero al microfono e fare…ehm ehm da tappabuchi lunare (vedi sopra)

E poi, la foto che immortala un Alessandro Corvaglia (uno fra i più affermati e stimati vocalist e musicisti nel panorama progressive contemporaneo: Maschera di Cera, Delirium e molte altre prestigiose collaborazioni) che aveva da poco dismesso i pantaloncini corti (e con cui scambiavo tonnellate di vissuti sulle altrettante tonnellate di musica progressive italiana e internazionale che ascoltavamo eh eh eh) dietro le quinte con la cuffia a curare la registrazione e a darci supporto sul palco: giovani talenti crescevano!

Calato il sipario della Goldonetta, dovevamo prima o poi decidere cosa fare da grandi. Abbiamo partecipato, come hai ricordato, al Rally Canoro con il brano Eroi invincibili (inserito nel CD uscito a fine 2013 per Lizard Record, con nuovi arrangiamenti ed esecuzioni) e si sono quindi intensificati i contatti con gli addetti ai lavori per capire se e quale spazio poteva avere la nostra musica. Ed ecco profilarsi le prime ombre lunari…

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6 Il 1980 fu anche l’anno in cui Aurora Lunare si sciolse. Che successe?

I discografici e i musicisti, anche noti, a cui sottoponevamo i nostri nastri, pur apprezzando (nella maggioranza dei casi) quanto esprimevamo, ci facevano presente che se il prodotto non era in qualche modo “ballabile” o comunque non prima aver sottoposto il repertorio ad una decisa (s)verniciata di pop, non poteva essere considerato per una eventuale produzione. L’indicazione era spesso accompagnata dal bonario monito che i nostri grandi ispiratori, nazionali e internazionali (i più citati erano Pink Floyd, Yes, Genesis, e in Italia PFM, Banco, Orme, ma ovviamente gli esempi possono essere estesi quanto si vuole, i nomi sono arcinoti) stavano chiudendo i battenti o cambiando genere, il che ci irritava e ci amareggiava non poco. Ma come dargli torto? Era la realtà del momento che faticavamo ad accettare: o chiudere o rimboccarsi le maniche e provare a fare di necessità virtù.

Tornando mogi mogi da Roma, da un incontro con alcuni discografici da cui ricevemmo le indicazioni (di buon senso) appena dette, qualcosa si incrinò. Avevamo posizioni diverse sulla linea da prendere, consapevoli che questa corsa in salita contro il tempo non poteva durare: le esigenze della vita (lavoro, studio, servizio militare, progetti familiari o alternative musicali) iniziavano a pressare: Corrado (Pezzini) prese la sua strada nella musica d’autore italiana, che prosegue felicemente tutt’ora, e gli altri quella dei propri progetti extramusicali. L’Aurora volse così al tramonto lunare… per poi risorgere, anche se in età “diversamente giovane” eh eh eh, alla fine dei Duemila. Rimando chi fosse ulteriormente interessato a saperne di più sulla storia di AL e sui musicisti che ne fanno fatto parte (non possiamo soffermarcisi per motivi di spazio) al sito www.auroralunare.it

7 Torniamo a Mauro Pini. Che hai fatto, musicalmente parlando, dopo Aurora Lunare?

Ho cercato di esprimermi, da solista, con un linguaggio maggiormente rispondente ai canoni comunicativi di allora, affiancato dai compagni di viaggio lunare (e non solo), Luciano e Graziano (Di Sacco, partecipe al nostro omonimo CD, un sogno realizzato – voglio ricordarlo – grazie alla fiducia e al sostegno della Lizard Record nel suo patron Loris Furlan) come tecnico del suono. Ho avuto la fortuna di incontrare bravi e poliedrici musicisti livornesi, alcuni di essi con un importante futuro di fronte, in primis la colonna di Aurora Lunare post-reunion, il Maestro Stefano Onorati (sopraffino professionista del jazz, ma guai – e giustamente – se si intendesse incasellarlo in un genere, con la sua versatilità) nonché Ale Corvaglia (con cui collaboriamo tuttora – è ospite nel nostro omonimo CD e nel tribute dedicato ai Procol Harum), quindi Riccardo Billeri (batteria), Antonio e Giacomo Salina (tastiere, voi, percussioni) e successivamente Riccard(in)o Torri che con le sue chitarre e la sua creatività ha dato un indelebile contributo alla (necessaria) rivisitazione del repertorio (relativo per lo più alla mia produzione solista).

A metà anni Ottanta realizzai due 45 giri (etichetta discografica Disco in-Durium – il primo dal titolo Sorgenti d’energia, il secondo Corsi e ricorsi) girando l’Italia in largo e in lungo per la promozione: presenze in varie emittenti televisive, TV, radio, partecipazioni a eventi, ecc, dopo di che hanno preso il sopravvento altre priorità della vita.

Anni di silenzio lunare interrotti dalla scoperta del web. Luciano ha svolto un’opera certosina di ricostruzione della memoria storica, al che l’apertura del sito e di nuovi mondi lunari. I numerosi contatti, i consensi e l’interesse riscontrato, ben superiori ad ogni aspettativa, hanno dato un forte impulso alla reunion 2007 col “metronomo” Marco nel ruolo di catalizzatore.

8 Il prog è stato, soprattutto alla fine degli anni 70, amato molto in Italia e a Livorno..più che altrove. Te che sei un grande esperto di prog…come ti spieghi questo fenomeno?

La musica è espressione (anche) delle trasformazioni culturali e nel contempo ne è promotrice. Come dicevamo, dopo la metà degli anni Settanta, periodo di massimo splendore del progressive (preciso: originario!), sia al livello nazionale che internazionale, e specialmente all’approssimarsi degli anni Ottanta, si avvertivano i segnali di una crisi che in molti, troppi, sbandieravano come irreversibile, dandolo per spacciato in quanto “superato” dai nuovi filoni emergenti e più rappresentativi delle trasformazioni sociali in atto, da una parte il punk, dall’altra (ovviamente per opposti motivi) la “febbre del sabato sera”. Era l’espressione di un diffuso stereotipo basato sulla strampalata idea di un presunto avvicendamento dei generi musicali, avvicendamento che in realtà non è mai avvenuto esprimendo (i diversi generi musicali) realtà e sensibilità diverse, imparagonabili e non certo sovrapponibili lungo un continuum storico.

Cercavamo così di ri-orientarci ed attendere tempi migliori: ma non dimentichiamoci che il prog, contrariamente a quel che comunemente si usava dire negli anni del cosiddetto “riflusso”, non era affatto scomparso dalla scena ma continuava a vivere e proliferare, seppure fuori dai principali canali mediatici (sto pensando ai Marillion ad esempio, nel fiorire degli anni Ottanta per citare i più noti), per poi tornare in grande stile alla fine degli anni Ottanta-inizio-Novanta, rivitalizzata e contaminata da esperienze musicali maggiormente rispondenti alle nuove sensibilità del mondo giovanile (in primis, del metal di alta qualità tecnica, vedi Dream Theater).

L’Italia in linea di massima rifletteva quanto avveniva nel panorama internazionale, si scioglievano le grandi band dei primi Settanta o cercavamo di adattarsi in base ai nuovi canoni. A Livorno, fra i Settanta e gli Ottanta videro la luce interessanti e più che valide realtà sulla scia progressiva. Sto pensando ai Tugs dell’amico Pietro (Contorno), band con cui abbiamo condiviso significative esperienze – ho salutato con molto piacere la loro recente reunion, con tanto di (apprezzata e meritata) produzione discografica – ai Quasar del “nostro” Ale Corvaglia (cito solo quelli che ho avuto maggiori occasioni di incontro). Insomma Livorno, al di la di ogni sviolinata “politically correct” (qui prodest? e poi mica suono il violino eh eh eh) nel prog, così come in altri generi (penso al jazz, ai vari filoni dell’Heavy metal ma non solo) si è sempre dimostrata fucina di sensibilità e fermenti musicali, sono i fatti a parlare.

9 Livorno in qualsiasi tempo ha regalato alla musica decine e decine di gruppi. Anche oggi è tutto un fiorire di complessi, una suonare, fare jam. Da attento osservatore…cosa è cambiato rispetto agli “anni eroici” ?

Una delle differenze più vistose nel fare musica di ieri di oggi, Livorno compreso, riguarda a mio avviso le opportunità e i mezzi tecnici-logistici per come-dove-quando poter suonare, in studio come dal vivo. Nonostante i fermenti creativi densi di utopia “immaginifica” nei primi anni Settanta, come nell’ispirato disincanto di fine decennio, oggi da molti punti di vista per le band emergenti la situazione è notevolmente migliore. Un esempio (solo apparentemente) banale: per trovare un fondo dove poter provare passavamo giornate con mille tentativi, spesso infruttuosi, oggi, con le scuole di musica, le sale prove, le nuove tecnologie ecc. è davvero un altro mondo. La varietà delle esperienze e delle occasioni di incontro e collaborazione fra musicisti, inoltre, grazie alla crescita esponenziale delle possibilità comunicative, si sono moltiplicate, il che non può che far bene. Ciò nonostante ritengo che la continuità identitaria di una band (che si traduce nel poter riconoscere un gruppo dall’ascolto di poche note… e sarebbe un gran bel traguardo!) sia la cosa fondamentale e non credo che il tempo possa modificare questa realtà. Mi lasciano del tutto indifferente i dischi fatti attraverso lo scambio di file a distanza fra musicisti, anche bravissimi, che si conoscano magari solo di nome e/o interagiscono per un progetto a termine, e tanto meno la musica on-line o in mp3. I rapporti “off-line”, non quelli digitali, e l’esperienza live sono e resteranno fondamentali (anche) nella dimensione musicale di una band.

10 Chi è oggi Mauro Pini ?

Un cinquantanovenne mai sazio della pratica sportiva amatoriale (dove spesso esagera, con tutte le conseguenze negative dell’età, ahimè) e di quel che l’amico Fabio (Della Bartola, “voce e comandi” della trasmissione Psychomania di Radio incontro Pisa) definisce più o meno “… sano, vecchio, marcio e malato rock’n roll”, passioni che non accennano ad assopirsi. Nella scelta dei tanti, troppi dischi – e delle tante, troppe band che vorrei scoprire e seguire – non guardo lo scaffale in cui vengono collocati, ma cerco di barcamenarmi fra i filoni più vari dell’oceano rockettaro (con tutte le conseguenze negative per il portafoglio…) senza alcuna nostalgia per “i bei tempi (del prog) che furono” (non esiste alcuna età dell’oro!), nella convinzione che la creatività e il talento non siano frutto di una determinata epoca (pur riconoscendone, ovviamente, tutte le peculiarità e l’irripetibilità del contesto) ma facciano parte dell’essere umano.

Musica a parte, persevero nello studio (Università di Roma e ultimamente di Pisa, come alle origini), un’attività che dopo una lunga esperienza lavorativa di operatore nel servizio pubblico, ho potuto riprendere a tempo pieno, prendendo alla lettera il detto del grande De Filippo (anche come metafora della vita): in una commedia del 1973 – toh, il periodo di massimo splendore del prog classico! – gli esami non finiscono mai.

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