TIM GRIMM – 11/10/2018 Livorno

Nello splendido scenario della “Sala del relitto”dell’Acquario di Livorno, in un piccolo anfiteatro ricavato all’interno della struttura, è di scena Tim Grimm, cantautore di Columbus, Indiana.

Avevo già visto Tim dal vivo, accompagnato dalla moglie Jan Lucas e dai due figli; stavolta accanto a lui c’è Paolo Ercoli, uno dei migliori suonatori di dobro italiani.

I Had never palyed in front of pishes” (Non ho mai suonato davanti a dei pesci)…questo è l’esordio di Tim applaudito dal pubblico.

Vestito casual, perfettamente a suo agio, inizia subito il concerto.

Voce calda, suadente, avvolgente: il pubblico è subito rapito.

Le canzoni sono come acqua di sorgente, con testi sempre curati, profondi, taglienti…

Su tutte spiccano “These Rolling Hills” e “The Lake”, con il dobro di Ercoli che ricuce il tutto.

Alcune parole per spiegare cosa significa per lui la parola “eroe”, parola che ha usato per Ramblin Jack Elliott, suo grande idolo e amico e via con “The King Of The Folksingers”.

L’anfiteatro è piccolo, raccolto, una novantina di posti a sedere e Tim colloquia con il pubblico, spiega le sue canzoni in una atmosfera perfetta.

Colorado Girl”, cover del grande Townes Van Zandt, songwriter texano scomparso ormai da più di vent’anni ma ancora nel cuore di molti, cantata con passione e feeling da Tim suscita una ovazione e un pizzico di commozione.

A chiusura della sua esibizione live una splendida “The People’s Highway”, cantata come meglio non si potrebbe: da chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dove ognuno vorrebbe andare.

Un ottimo concerto dunque, per uno splendido beautiful loser, uno dei tanti di cui è pieno il mondo del rock: musicisti che non hanno raccolto quel che avrebbero meritato.

Tim Grimm, uno di noi.

ORPHAN BRIGADE

CASTELFRANCO DI SOPRA (PI)

20 luglio 2018

All’interno del Musicastrada Festival , nel paesino di Castelfranco di Sopra, nato nel 1299 , nella campagna Toscana, si è svolto il concerto degli Orphan Brigade. Ben Glover, Nelson Hubbard e Joshua Britt hanno così chiamato la loro band dall’appellativo dato ad un contingente di soldati del Kentucky che combattè nella Guerra di Secessione sotto la bandiera della Confederazione. Dopo il successo di “Soundtrack to a ghost story” tornano in Italia con un nuovissimo disco concepito e realizzato completamente nel nostro paese. Così come l’ottimo disco d’esordio, si tratta di un concept album, che ha come punto di riferimento la cittadina marchigiana di Osimo e le sue antiche grotte , grotte colme di misteri e di racconti tenebrosi di santi e società segrete.

La piccola piazza che ospita il municipio è stracolma e fa piacere vedere che tra il pubblico si mescolano almeno tre generazioni di persone.

The Orphan Brigade propongono una formula prettamente acustica, dove il mandolino detta il ritmo tuffandosi però a piene mani nella musica Americana con sfumature irlandesi (Ben Glover nato a Belfast) e il concerto non fa che confermare la loro proposta.

Apre “Osimo” seguita da “Town of a hundred churches” per finire il trittico iniziale con una sontuosa, struggente, malinconica “Pile of bones”.

Ha fatto la sua comparsa sul palco anche il violinista marchigiano Marco Santini, che ha fatto conoscenza degli Orphan durante il loro soggiorno a Osimo. Santini ha ricevuto una lettera di complimenti e di ringraziamento da Papa Francesco che ha ascoltato il suo “Il Cristo delle Marche”, primo brano da lui composto ed eseguito al Pantheon di Roma davanti alle più alte cariche dello stato e ripresentato questa sera a Castelfranco di Sopra, per poi unirsi alla band .

Insieme a Santini prendono vita “Vitriol” (per capire il titolo unire le prime lettere del motto“visita interiora terrae rectificandoque invenies occultum lapidem” e Flying Joecanzone ispirata alla storia del santo patrono Giuseppe da Copertino, che causa dei miracoli che gli venivano attribuiti e delle estasi che lo portavano a compiere voli, subì due processi del Sant’Uffizio, che lo relegarono dapprima in Assisi, poi a Pietrarubbia e, infine, a Fossombrone, in isolati conventi-romitori dei Frati Cappuccini. Morì a Osimo e il suo corpo è custodito nella cripta del santuario, in un’urna di bronzo dorato.

Neanche una pausa e partono l’epica Alchemy, la dolce “Sweet Cecilia “ e la pop stile primissimi anni 60 “The bells are ringing”, la cupa e tetra “The birds are silent” e la finale “Sweetheart”.

La band saluta il pubblico ma al grido incessante di “One more, one more” tornano volentieri sul palco per proporre la commovente “Pain is gone” e una inaspettata cover di Bruce Springsteen “I’m on fire”.

Ancora saluti ma il pubblico non se ne va, non vuole andar via e ecco allora Glover, Hubbard, Britt e Santini in mezzo al pubblico intonare a cappella (Nelson Hubbard voce solista) una Paddy’s Lament da Soundtrack , (che ben trasmette la rabbia e la delusione di un immigrato irlandese venuto a cercare fortuna in America e si ritrova “sbattuto” in un campo di battaglia) semplicemente da brividi. Che si tratti degli orrori della guerra civile o delle viscere della terra, gli Orphan Brigade dal vivo ci sono:ottimo concerto di una piccola, grande band.

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2018-03-16 LUKE WINSLOW KING – ROBERTO LUTI – Asciano Pisano

 

La serata è fresca e piovigginosa. Arrivare al Route 66 ad Asciano Pisano non è stato facile…chilometri di strada nel buio più assoluto dove trovare un lampione è come vincere al superenalotto. Il Route si è rivelato uno splendido locale: sembra di entrare in un vecchio ritrovo americano nelle campagne del mid-west. Ordiniamo una ottima pizza e una ancor più ottima birra in attesa del concerto di Luke .

Alle 22,30 il musicista, nato a Cadillac, Michigan, ma adottato da New Orleans sale sul palco accompagnato dall’italiano solo di nascita Roberto Luti. Per molti anni Roberto ha vissuto infatti a New Orleans, dove ha conosciuto Luke e dove si è creato una straordinara reputazione.

Il concerto è acustico e la cosa è ancor più stimolante: due vecchie National del 1931 iniziano a diffondere suoni struggenti e fantastici.

Il nuovo lavoro di Luke vedrà la luce a maggio 2018 ed è l’occasione giusta per proporre le nuove canzoni. Luke è già venuto più volte in tour in Italia ed ha numerosi amici (provenienti soprattutto dalla vicina Livorno, città natale di Bob Luti, che sono al gran completo presenti stasera al Route. Il locale è pieno, l’atmosfera giusta, il concerto prende vigore.

Suoni puliti e caldi, caldissimi, fanno vibrare i presenti. Leghorn women, You got mine, Chicken dinner danno l’idea di cosa sarà il nuovo cd di prossima uscita : splendida la musica, splendidi i testi, splendidi i protagonisti.

Luke ripropone anche vecchi classici dove spicca I’m glad trouble don’t lost always, la title track dell’omonimo album uscito nel 2011 e Swing that thing da Everlast arm del 2014.

Un momento di commozione in sala quando partono le note di Lissa, song in memoria di Lissa Driscoll, scomparsa a settembre dello scorso anno. Musicista, cantante, conosciutissima nel Quartiere Francese di New Orleans, da sempre amica intima di entrambi.

Un Luke in gran forma, migliorato sensibilmente nella padronanza dello strumento dà il meglio di se riscuotendo consensi entusiasti.

Una nota particolare per Roberto Luti, straordinario chitarrista, che riesce ad incendiare i cuori dei presenti fino alla commozione: il lampo e il tuono, la burrasca e l’arcobaleno, la tempesta e il sereno…musica che ti graffia l’anima .

Grande, grandissima serata. La strada al ritorno sembra persino illuminata.

ROLLING STONES, Lucca 23/9/2017

Era il 1 novembre del 1966, il giorno del mio decimo compleanno.

Suonò alla porta il mio vicino di pianerottolo, Nello, di alcuni anni più grande di me. Appassionato di musica, come me. Meglio, di canzonette. Si perchè al tempo ero un fan sfegatato di Gianni Morandi. “In ginocchio da te”, “Non son degno di te”, “Se non avessi più te” “La fisarmonica” erano che sue canzoni che sapevo a memoria. Addirittura ritagliavo le sue fotografie stampate sulle riviste del tempo che comprava mia madre e le incollavo, con acqua e farina, su un quaderno sulla cui copertina campeggiava la scritta “Foto di Gianni”, come fosse uno di famiglia.

Aprii il pacchetto di Nello con trepidazione, avevo già capito che si trattava di un 45 giri.

Dentro c’era la canzone di un nuovo gruppo inglese, come mi disse Nello, i Rolling Stones. La canzone del lato A era Paint it black, quella del lato B Long long while. Misi subito nel mangiadischi Paint it black…un brivido mi percorse la schiena…da quel momento la mia vita, musicalmente parlando, non sarebbe stata più la stessa.

             

Lo stesso brivido l’ho provato ieri sera, alle ore 21,55 quando le stesse note di Paint it black sono risuonate a Lucca, durante il concerto dei Rolling Stones.

In una location assurda, sia come logistica che come acustica, i “ragazzi” hanno dato il meglio. Certo, magari prima di andare a dormire qualcuno di loro avrà preso la pillola per la prostata, un altro quella per la pressione, un altro ancora per la gastrite, ma credetemi, questi non hanno fatto un patto con il diavolo…si sono comprati l’inferno !!! Non penso ci sia un aggettivo per spiegare a chi non era presente il loro show di ieri sera a Lucca…impossibile…

Una grande, grandissima soddisfazione l’abbiamo avuta noi che purtroppo abbiamo i capelli color argento (i più fortunati…) quando abbiamo notato, per la prim volta, che il 70 % dei presenti erano under 30. Under 30 che sapevano a memoria le canzoni, le cantavano, le commentavano…

Si, c’è sempre vita là fuori…