“Concetta” è la canzone che preferisco dell’ultimo lavoro dei fratelli Severini (Gang), “Ritorno alfuoco”.
Fin dalle prime note si
ha la sensazione di trovarsi davanti ad una di quelle canzoni che
hanno fatto la storia dei fratelli marchigiani.
C’è qualcosa di epico
dalle prime battute che la colloca accanto a canzoni come “La
pianura deisette fratelli”, “Sesto San Giovanni”,
“Oltre”…
La Concetta della canzone non è altro che Concetta Candido, addetta alle pulizie in una grande birreria di Settimo Torinese che la mattina del 27 giugno 2017, nella sede dell’INPS di Torino Nord, in Corso Giulio Cesare 290, si cosparge di alcol e si dà fuoco.
Concetta è stata
licenziata, si ritrova senza lavoro, senza stipendio, senza niente.
Sceglie il fuoco come
protesta.
Il testo della canzone
suscita commozione e rabbia…è un pugno nello stomaco e uno in
pieno volto.
Concetta vive in
periferia dove “la ruggine cresce anche sui fiori”.
E’ sola, disperata e si
accorge che ogni giorno è come morire.
Per questo “non vuol
morire più”.
Il fuoco divampa e
l’immagine che ci trasmettono Sandro e Marino è cruda, feroce,
straziante, ma tremendamente vera: “E bruciano le mani, bruciano
gli anelli, bruciano i capelli”, ma soprattutto “Brucia la
speranza”. Quella speranza che Concetta aveva riposto nel suo
lavoro, lavoro che le garantiva un futuro.
E allora “il fuoco è
la risposta, il fuoco è vivavoce, grido di rivolta”.
Ma la cosa che fa più
male a Concetta e a tutti noi è la quasi indifferenza che il suo
gesto ha prodotto nei colleghi, nei politici, persino nei vicini e
purtroppo anche nella comunità sindacale e operai di Torino…”Un
tempo era la fabbrica, la lotta e il sindacato, ne han fatto una
riserva chiusatra il raccordo e la ferrovia”.
Il finale della canzone è
un vero e proprio atto di accusa contro la città piemontese :
“Torino tu chedici ? Torino tu che fai ? Torino non
importa, hai altro a cui pensare…Torino che ne sai , tu che non hai
mai visto il mare…”
Una città lontana, tutta
presa magari a festeggiare l’ennesimo scudetto juventino appena
vinto.
Versi accusatori e
laceranti verso una città “indifferente”…indifferenti che i
fratelli Severini hanno sempre odiato, persone che non si schierano,
persone che si fanno da parte…indifferenti.
Marino e Sandro invece ti
obbligano a schierarti : o stai con il Reparto Verniciatura o con la
sirena della fabbrica, o stai con Eurialo e Niso o con i loro
aguzzini, o stai con i Fratelli Cervi o con le camicie nere e
appunto, o stai con Concetta o con chi l’ha costretta a darsi fuoco.
Concetta Candido si
procurò ustioni fortissime e devastanti in tutto il corpo, lotterà
tra la vita e la morte per molti mesi, ma è viva.
Il suo gesto è già
stato dimendicato da tutti, come quello di Jan Palach, Mohammed
Bovazizi, Thch Quang Duc, Alain Escoffier, Anas Kourwif, ma i Gang,
con questa canzone, l’hanno resa “inscordabile”.
D Emanuele Bernardeschi, cantante e pianista…è nato prima il cantante o è stata una naturale conseguenza di suonare lo strumento ?
R. È un po’ come domandare se è
nato prima l’uovo o la gallina, ahahahah!!
Scherzo anche se in realtà da
piccolo alle elementari ero la voce bianca della classe ma mi
vergognavo come un ladro!! Ho iniziato a cantare a 21 anni, quasi per
caso mentre ho iniziato prima a suonare il pianoforte, a 8 anni.
D Hai fatto studi classici o sei
autodidatta ?
R. Ho studiato pianoforte
classico 8 anni anche se lo studio per me è sempre stato ostico.
Diciamo che ho un buon
orecchio: è stata la mia fortuna e la mia croce: infatti mi ritengo
un
“menestrello”, non sono
un pianista fatto finito ma so suonare un po’ di tutto.
D Attualmente ti esibisci da solo ma
hai mai fatto parte di una band ?
R. La parola “attualmente”
mi riporta al 10 ottobre 2020, giorno della mia ultima esibizione.
Da quel giorno a oggi no
ho più potuto fare niente, come molti. In passato si, ho fatto parte
di alcune
Band anche se mai per più
di un anno. Fra i gruppi preferisco ricordarne due, gli “Orange”,
formazione milanese e gli
Hollowblue, band tutta Livornese. Per il resto ho sempre fatto
tutto da solo, anche quando
ho lavorato con Cocciante.
D Il tuo repertorio è a 360
gradi…affronti tutti i generi musicali, ma quale il tuo genere
preferito ?
R. Il mio è un repertorio a 360
gradi, 365 giorni, 60 secondi per 60 minuti per 3600 momenti
buoni per emozionarsi,
divertirsi, appassionarsi. Non amo un genere specifico ma amo tutto
quello che canto.
D Quali sono i tuoi punti di
riferimento, i tuoi mostri sacri ?
R. Da bimbetto Cocciante, De
Gregori e Baglioni, ero molto classico. Oggi invece mi prende e mi
appassiona chiunque potenzialmente, ascolto volentieri tutto Poi
ovviamente qualcosa mi prende più di altro. Amo molto i “bei”testi.
D Mentre nell’era beat il piano non era
previsto, a partire dagli anni ’70 ha preteso e preso un posto
importante all’interno dei gruppi musicali, tanto da diventare quasi
indispensabile…come lo spieghi ?
R. Facilissimo!! Diciamo che il
Beat correva troppo e appena uno disse “Oh bimbi, più Piano!!”
ecco che il “Piano” prese un
posto importante all’interno dei gruppi musicali: oh ragazzi,
qualche musicista correva troppo, ovvia!! … Poi il ritmo della vita
è stato sempre più veloce, sempre più frenetico ed ecco che “più
Piano” dagli anni ’70 in poi è sempre stato oltreché un buon
consiglio anche se non molto seguito e uno strumento irrinunciabile
in moltissimi arrangiamenti.
D Se ti dico “Notre Dame De Paris” che mi dici ?
R. Parigi! Le so tutte le
chiese!!!😁
A parte gli scherzi, in
questi giorni ricorre l’anniversario del Ventennale (debuttò in
Italia nel 2001) e io sono stato un protagonista assoluto nel
Decennale di questo fantasmagorico spettacolo, Quindi oggi è il
Decennale del (mio) Decennale!!😁
Notre Dame de Paris è uno spettacolo prodotto in Italia da David Zard, scritto da Pasquale Panella e Riccardo Cocciante, un’opera popolare teatrale moderna talmente spettacolare e unica da emozionare e far venire i brividi ogni volta. Ogni volta!! David Zard per questo spettacolo aveva coniato lo slogan “La musica non è mai stata così spettacolare”. Ed aveva ragione.
D Progetti futuri ? Adesso che sembra
ci sia uno spiraglio per esibirsi dal vivo concerti in arrivo da
parte tua ?
R. Discorsi e parole tante, ma per
ora la situazione e molto nera, triste, difficile e imperscrutabile
Qualcuno ha ricominciato,
qualcuno si è reinventato, qualcuno ha smesso, qualcuno si è
sentito male …. per tanti
ancora la situazione è in alto
mare e quella luce tanto
anelata ancora purtroppo non si vede e …chissà se si vedrà come
prima. In questo anno
maledetto però ho conosciuto persone nuove e spero con qualcuna di
loro di poter riuscire a fare qualcosa di buono insieme. Anche qui un
nome su tutti:
Luca Forni (ascoltate ad esempio questo
disco e giudicate voi:
un genio musicale, un’anima unica, un
cantautore con la “C” maiuscola e a cui ora mando con tutto il
mio cuore un Immenso Augurio di pronta guarigione che adesso di
questo ha bisogno!!!
D Ognuno di noi ha rimorsi e
rimpianti…musicalmente parlando, quale il tuo rimpianto più grosso
?
R. Passerò forse da arrogante ma
nessuno. Felice, contento e orgoglioso di ogni scelta fatta nel mio
percorso. Ogni scelta fatta: rifarei le stesse cose anche se proverei
a farle meglio.
D Chi è oggi Emanuele Bernardeschi ?
R. Chi sono sempre stato, un
menestrello che ama cantare magari raccontando delle storie e dare
dei messaggi per poter “riflettere”, per poter “pensare”.
Oggi si pensa e si riflette molto poco. Penso ancora di avere una
grande missione.
Grazie per questa opportunità che mi
hai dato.
Un saluto a tutti i tuoi lettori e un
augurio di future cose belle, ne abbiamo voglia e bisogno!!
D Corrado Passetti, cantante e musicista. Quando hai capito che cantare e suonare per te era una cosa importante ?
R L’incontro con la musica avviene
prestissimo gia dai 4 anni.
Mio padre , grandissimo amante della
musica, mei suoi momenti di relax amava accompagnare i cruciverba con
quella che lui definiva “ buona musica “ . Musica leggera anni
50/60.
La mia grande voglia e curiosità mi
ha spinto poi ad approcciarmi ad uno strumento che era il pianoforte.
Successivamente sono entrato in
conservatorio.
D Nel tuo repertorio molta musica
italiana ma non solo…dal pop al funky e persino i Blues Brothers…
R Nel mio repertorio c’è un infinità
di musica. Ormai alla solgia dei 52 ( anni) ne è passata di acqua
sotto i ponti e sopratutto di note nelle orecchie.
Non amo definirmi cultore di un
determinato genere musicale.
La mia fame di conoscenza mi porta ad
ascoltare di tutto e “ fare mio” ciò che sento a me vicino.
D Hai mai fatto parte di un gruppo ?
R Piu di uno!
Gia all’età di 15 anni suonavo e
cantavo nei vari gruppetti che nascevano nei posto dove si poteva
provare.
Non esistevano all’epoca tante sale
prove e quindi si provava nelle stanze delle “ Associazioni”
La mia carriera musicale è nata in
Piazza Manin all’ Associazione Pionieri.
Con me altri musicisti che poi hanno
calcato pachi più o meno importanti.
Poi a 19 anni la voglia di emergere.
Sono partito per Milano e ho iniziato prima in Mediaset nella band di
Luca Orioli e poi come tournista per la prima giovane e inesperta
Laura Pausini, Spagna, Articolo 31 , Alan Sorrenti , Righeira , Den
Arrow e altri.
Successivamente quando decisi di
abbandonare la vita del girovago ho collaborato per 3 anni con una
band itinerante come frontman
Loro sono tutt’ora i Deltasound e
facevamo feste di piazza e concerti.
D Attualmente ti esibisci da solo ?
R Attualmente mi esibisco da solo , in
duo con un grande amico Matteo Menichetti o con un altro amico
Gianluca Fastame.
D Chi sono i tuoi punti di riferimento,
i cantanti che imitavi davanti allo specchio fin da bambino ?
R Sai che non ho mai imitato nessuno?
In giovane età mi paragonavano forse
per somiglianza a Eros Ramazzotti.
In realtà ho sempre cercato di avere
una mia personalità anche reinterpretando canzoni di altri.
I complimenti più belli sono sempre
stati quando ti dicono : “ la canti meglio tu dell’originale”.
Ecco li vuol dire che hai fatto un buon
lavoro trasmettendo qualcosa di tuo.
D Progetti futuri…pandemia
permettendo qualche concerto magari in città ?
R In progetto c’è una nuova band
formata da elementi tutti livornesi con la quale ripercorreremo gli
anni 70 in chiave disco.
Con me ci saranno anche Matteo
Menichetti e Riccardo Carboncini tanto per citarne qualcuno.
Ho finito in pandemia di scrivere uno
spettacolo teatrale di arte varia che , apertura dei teatri
permettendo, andrà in scena ad Ottobre con il quale festeggerò 35
anni di musica.
Verranno a trovarmi e collaboreranno
tanti amici conosciuti e fequestati negli anni.
Collaboro poi da 3 anni con agenzie di
animazione per la creazione di tutti i loro jingle e sigle.
D Livorno e la musica…non solo in
città ci sono stati e ci sono ottimi musicisti ma anche ottimi
cantanti…eppure manca qualcosa per fare il salto di qualità…che
ne pensi ?
R Verissimo !
Come in tante altre città mancano
strutture che ti permettono di farti conoscere.
Manca una promozione adeguata e manca
soprattutto la cultura dell’andare ad ascoltare “ l’inedito”
Ormai i locali che fanno musica sono
sempre meno e anche le scuole di musica molte volte tendono ad
insegnare lo strumento o il canto ma mai a fare uscire la propria
personalità.
Uno dei tanti miei progetti futuri è
anche quello , assieme ad altri colleghi, di creare un laboratorio
sperimentale di arte varia con la possibiltà , per chi ha doti e
personalità, di essere prodotto e pubblicizzato anche fuori della
nostra città.
D Stare sul palco e cantare…magari
davanti ad una discreta folla…cosa ti passa per la mente in quei
momenti ?
R In quei momenti personalmente sono
dentro la mia campana di vetro. Cerco di trasmettere a chi sta
ascoltando quello che provo io cantando o suonando quel brano.
Niente di più.
D Tutti noi siamo pentiti di non essere
saliti su quel famoso treno che ci stava aspettando…musicalmente
parlando dove andava il tuo ?
R Il mio è partito e , liberamente,
ho scelto di scendere quando era diventato “ una marchetta”
La musica , viverla , non è un lavoro
qualsiasi: devi viverci dentro , farla tua, emozionarti.
Quando tutto questo finisce devi girare
la vela e approdare da un altra parte.
D Chi è oggi Corradi Passetti ?
R La musica è sempre parte di me , non
potrei vivere senza.
I progetti che sto cercando di
realizzare sono un evidenza.
Continuo a suonare , creare, comporre ,
ad ascoltare tutti i tipi di musica in qualsiasi angolo del mondo
soprattutto ad ascoltare gli altri.
Corrado adesso è un direttore di
centro Odontoiatrico , con una splendida famiglia e un figlio di 5
anni che ha un predilezione e predisposizione alla musica veramente
impressionante.
Non lo forzerò mai a diventare un
musicista , non è da me.
D Nedo Raglianti, bassista in un mondo di chitarre…
R Si
bassista e convinto !
D Attualmente
fai parte del gruppo Stato Brado, ottima band, ottimi
musicisti…come nasce questo progetto ?
R Molti
anni fa, avevamo da poco iniziato a suonare, Moreno iniziava a
scrivere testi, Alessandro, suo fratello, alla batteria e Dario al
sax, poi venne il Fagio, Gianluca e li sono nati gli Stato Brado.
Siamo cresciuti con questo progetto. Poi si sono uniti Romano alla
tromba e Giovanna Pieri Buti al violino che ha suonato due dischi con
noi.
D Stato
Brado, sinonimo di assoluta libertà…modo di vita che si rispecchia
nella vostra musica…
R Si penso che sia così, abbiamo sempre suonato per il piacere di farlo e sempre in modo genuino, con passione e liberi da ogni convenzione
D Canzone
d’autore italiana con pennellate di blues, folk, country di americana
memoria…possiamo definirlo così il vostro genere ?
R Non
solo, gli ascolti degli elementi della band sono sempre stati diversi
ed abbiamo unito sempre le varie influenze musicali, nella scrittura
dei pezzi cerchiamo sempre di non legarci ad un genere preciso
D
“Lungo la strada” (2013 – autoprodotto) – “Vecchio diavolo”
(EP – 2014 – autoprodotto) – Cosa Adesso Siamo (2017 – New
Model Label) i vostri lavori…soddisfatti ?
R Sono
lavori diversi, il primo disco è stata la nostra prima esperienza in
studio di registrazione, quindi più acerba ma emotivamente
d’impatto. L’Ep Vecchio Diavolo l’abbiamo registrato grazie al
premio vinto con il Rock contest, che ci ha dato modo di registrare
tre pezzi. Il terzo lavoro, “Cosa adesso siamo”, invece è un
disco disco più improntato sul cantautorato italiano, ma
musicalmente più maturo, quindi possiamo dire che nel complesso
siamo molto soddisfatti
D Progetti
futuri? Concerti appena sarà possibile , magari in città?
R Stiamo
registrando proprio in questo periodo un nuovo album al jambona con
Antonio Castiello ed Aldo De Sanctis, è un disco diverso dai
precedenti più diretto è più rock, lo dimostra anche la
partecipazione, in uno dei pezzi, del nostro local punk hero Stefano
Illari, ma non sveliamo altro. Per quanto riguarda il suonare dal
vivo, ovviamente, speriamo al più presto e come prima.
D Prima
hai fatto parte di altre band?
R Negli
ultimi anni ho collaborato con Marco del Giudice in un progetto di
canzone d’autore con Gaia Bastinon alla voce, Dario del Giudice
alla batteria, il Fagio alla chitarra, e suono anche nella ROM,
l’orchestra del Refugio
D Il
basso è uno strumento indispensabile in una formazione
rock…insieme alla batteria detta tempi e modi…molti sono stati i
bassisti fondamentali alla crescita di questo strumento, da Paul
McCartney a John Entwistle e così via…quali sono i tuoi punti di
riferimento, i tuoi mostri sacri ?
R Amo
la semplicità nel basso e un modo ritmico di suonarlo, però uno dei
miei preferiti è Brain Richie dei Violent Femmes.
D Nedo,
tutti noi abbiamo un rimpianto che non ci fa dormire la
notte…musicalmente parlando quale è il tuo ?
D Gabriele De Pasquale, chitarrista…da quando hai capito che non avresti più potuto fare a meno di questo strumento?
R Dal primo momento, è stato
amore a prima vista !! Mi ricordo che alle scuole Elementari, il
maestro di musica ci faceva cantare, accompagnati da lui alla
tastiera, “c’era un ragazzo” di Gianni Morandi, brano che
adorai da subito.
A me non bastava solo
cantarla, sentivo la necessità di essere ancora più coinvolto nel
brano. Volevo anche suonarmela.
I miei genitori, appassionati
“strimpellatori professionisti”, rispolverarono le loro
vecchie chitarre, data la mia richiesta di imparare a suonarne una.
Ed è cosi che ho conosciuto la mia compagna di vita.
Quando ripenso a questa
storia non so mai se ringraziare: i miei genitori per avermi
insegnato i primi accordi, o andando a ritroso il maestro della
scuola elementare per avermi fatto cantare ” C’era un ragazzo”
, o andando ancora a ritroso, Gianni Morandi per averla scritta…
D Sei autodidatta o hai fatto
studi classici ?
R Ho iniziato da autodidatta,
al mondo della classica mi ci sono avvicinato in seguito e molto
gradualmente.
Il mio primo maestro di
chitarra fu Marco Gammanossi alle scuole medie G.Borsi al quale sono
affezionato moltissimo, in seguito mi sono iscritto al Liceo Musicale
dove ho conosciuto altri due personaggi che mi hanno influenzato
molto: Veronica Barsotti e Nicola Campanile. Durante il periodo del
liceo frequentavo anche l’ISSM P. Mascagni di Livorno nel quale ho
avuto il piacere di studiare con i maestri : Nuccio d’Angelo e
Giorgio Mirto.
Il mio percorso di studi
classici si è concluso quest’anno con con il conseguimento del
Diploma Accademico di I livello con 110 e lode
D Ti ho visto varie volte dal
vivo, soprattutto nella band di Alex J. Corsi…ma anche in molte jam
improvvisate…
R Le jam di Alex J. Corsi e
dei Dinosauri Del Blues… impossibili da dimenticare !!
Ho sempre creduto nelle jam e
secondo me sono una delle scuole migliori per un musicista.
E’ li che è nata e si è
coltivata la mia passione per il Blues.
D Hai fatto parte di altre band
in passato?
R Si, ho fatto parte di molte
band in passato e di alcune ne faccio parte ancora oggi.
La band più longeva che ho
non è una band, è un duo, chitarra e pianoforte composta da me ed
Edoardo Vilella, ci siamo conosciuti in prima liceo e ci siamo
piaciuti subito, passavamo i pomeriggi chiusi in casa a suonare, ed
insieme abbiamo formato e realizzato moltissimi progetti come
collaborazioni con attori e ballerini, musiche live per i musical,
fino ad arrivare al nostro ultimo lavoro insieme che prevedeva la
realizzazione delle soundtrack per il Poly HS quiz show.
Con Edoardo più che un duo
siamo compagni di musica.
Mentre, una delle Band con le
quali mi sono divertito di più sono sicuramente i T.A.C. Analysis,
nati durante l’Effetto Venezia 2017 al palco blues “Memorial
Manlio Pepe”, ci trovammo a dover riempire un buco nel programma
di circa due ore con una prova organizzata il giorno stesso, in
pratica fu un concerto quasi interamente improvvisato… mentre
suonavamo passò la Banda dell’SVS guidata da Filippo Ceccarini,
ricordo che si fermarono sotto il palco e facemmo qualche pezzo
insieme, fu’ meraviglioso.
Da quel giorno decidemmo di
continuare a suonare insieme, ed abbiamo continuato fino all’inizio
del primo Lockdown.
D Quali sono i tuoi chitarristi
di riferimento, quelli che magari cercavi di imitare fin da bambino ?
R A 12 anni, superata la fase
Morandi, mi innamorai dei Queen. Tutti hanno avuto un “periodo
Queen”, il mio non è ancora passato.
Sono da sempre la mia band
preferita, ed adoro il suono della Red Special di Brian May.
Un’altro dei miei chitarristi
preferiti in assoluto è Steve Vai.
Per quanto riguarda la
classica invece i miei punti di riferimento sono sicuramente Andres
Segovia e Julian Bream
D La musica è un’arte e come
tutte le arti è soggetta a gusti e interpretazioni anche se penso
che il blues abbia un posto particolare nel tuo cuore…
R Blues significa far fluire
liberamente le tue emozioni attraverso lo strumento,
Per me non è soltanto un
genere musicale ma una sensazione, un mood, che mi accompagna da
tutta la vita in ogni cosa che faccio ed ogni musica che suono.
Nonostante il Blues sia stato
un passaggio fondamentale della mia formazione, non mi sento di
essere catalogato come chitarrista blues e basta.
Nella mia vita da musicista
ho sempre ricercato, sperimentato e provato soluzioni diverse, amo
suonare ed ascoltare ogni stile e genere musicale, o quantomeno mi
piace provarci !! Oggi lavorare come musicista è difficile, è per
questo che cerco costantemente di imparare e studiare cose nuove.
D Scuola di musica Alessandro
Scarlatti…che mi dici ?
R Nel 2017 Grazie alla scuola
di musica Alessandro Scarlatti ho avuto la mia prima esperienza nel
mondo dell’insegnamento.
Da quel momento non ho più
smesso, ho formato la mia classe privata di musica con degli allievi
che mi rendono ogni giorno sempre più orgoglioso.
D Progetti futuri ? Qualche idea
di concerto appena questo incubo sarà finito ?
R Per il momento è molto
difficile capire quando sarà possibile esibirsi nuovamente dal vivo,
comunque i progetti non mancano !
Ho in cantiere la produzione
del mio primo disco da solista “incoerenza” del quale farà
parte anche “Wait”, un singolo che ho già pubblicato da
poco su tutte le piattaforme.
Ho deciso che porterò avanti
parallelamente la mia attività da musicista classico con quella da
chitarrista elettrico, difatti uno degli obbiettivi più grandi che
mi sono prefissato è quello di partecipare a diversi concorsi
internazionali di chitarra classica, la concorrenza è spietata, ma
cercherò di fare del mio meglio.
Nel frattempo mi sto
preparando per l’ammissione al Biennio Jazz del conservatorio di
Bologna.
D Livorno e la musica…pensi
che sia atato fatto qualcosa per far si che questa città faccia
parlare di sè in questo ambito o la strada da fare è ancora lunga ?
R Livorno è una città con
tantissimi musicisti ed è stata sicuramente la culla di moltissimi
artisti , ma secondo me non offre le possibilità giuste a chi decide
di fare dell’arte il proprio lavoro.
D Rimpianti e rimorsi, tutti noi
ne abbiamo. Musicalmente parlando, qual’è il tuo più grosso
rimpianto ?
R Uno dei miei rimpianti più
grossi credo che sia quello di aver tralasciato l’aspetto vocale.
Da bambino amavo cantare, ma
da quando ho conosciuto la chitarra, gradualmente ho cantato sempre
meno e suonato sempre di più.
Ad oggi posso affermare con
certezza di non essere in grado di “tallonare la chimera di una
melodia composita Gremita di arzigogoli rarissimi” cit. Elio
D Chi è oggi Gabriele De
Pasquale ?
R Come da anni suggerisce il
mio stato di WhatsApp “sono costantemente in viaggio verso la
migliore versione di me stesso”.
Per il momento sono un neolaureato con una buona dose di sogni nel cassetto ed una vita davanti per cercare di realizzarli.
D Piero Licari chitarrista…come e quando si è manifestato il tuo amore per questo strumento ?
R In casa mia, sin da
piccolo, la musica è sempre stata una costante anche grazie ai miei
genitori, appassionati di musica anche loro, e gli strumenti
musicali (tastierine, flauti, ecc..) erano in ogni angolo. Intorno
agli 11 anni, nei primi anni 80, ho avuto la folgorazione per la
chitarra grazie al maestro di musica della scuola media che
frequentavo, il quale portava in classe una chitarra e per me fu
amore a prima vista. Tornai a casa e chiesi a mio padre di
comprarmene una, gli feci spendere 50000 lire (che all’epoca erano
bei soldoni e noi non navigavamo certo nell’oro) per una chitarra
classica marca “Hondo” che ho ancora e tengo come cimelio e
ricordo. Da lì in avanti per me la chitarra è diventata una
ragione di vita; mio Zio, Enzo Licari (che fa parte della nostra
band come tastierista), strimpellava qualche accordo e me lo ha
insegnato ed ho cominciato a suonarla ogni giorno dopo la scuola,
sui dischi o le cassette dei miei idoli dell’epoca tra i quali, i
miei preferiti erano proprio i Dire Straits. Sono un completo
autodidatta, la passione è rimasta fino ad oggi e credo che mi
accompagnerà per sempre.
D Attualmente fai parte del
gruppo Main Street, una tribute band dei Dire Straits, come nasce
questo progetto ?
R Insieme a mio fratello Dario (Batterista) siamo cresciuti
suonando insieme, ed avendo entrambi la passione per i Dire Straits.
Intorno al1987/88, mettemmo su una band; all’inizio suonavamo un
po’ di tutto, ma dove si presentava la pelle d’oca e si riusciva
meglio erano proprio le cover dei Dire Straits, sicché nel 1992
decidemmo di dedicarci esclusivamente al “tributo” alla Band
Britannica. Nacquero i Main Street e da allora, cambiando vari
musicisti, siamo arrivati ad oggi dopo aver suonato in giro per tutta
Italia. La nostra è una delle prime tribute band ai Dire Straits,
nata in Italia.
D 28 giugno 1981, una data per
me da ricordare…allo Stadio dei Marmi di Carrara, sotto un diluvio
incredibile, assistetti al mio primo concerto dei Dire
Straits…posso capire la tua devozione…
R Di quel concerto, essendo io all’epoca troppo piccolo, ne ho solo sentito parlare e ti invidio per aver avuto l’occasione di viverlo. Io ascoltai una musicassetta dei Dire Straits nel giugno del 1982, l’album era Making Movies, grazie ad un caro amico che aveva un fratello di qualche anno più grande di noi che ci “spacciava” musica nuova (simple minds, U2, Police ecc..). Tunnel Of Love divenne, nel assolo di chitarra finale, il motivo per cui Mark Knopfler diventò per me il chitarrista da imitare e da lì in avanti ne studiai la tecnica con quello che si trovava all’epoca sulle riviste e mandando mille volte avanti e indietro i nastri fino a consumarli. Beati i ragazzi di oggi che con l’avvento della rete trovano tutorial e materiale in abbondanza per imparare a suonare un po’ di tutto. L’unico concerto dei Dire Straits al quale ho potuto assistere è stato quello allo stadio del Baseball di Firenze il 14/09/92, durante il tour mondiale On Every Street, ed ho ancora bellissimi ricordi di quella notte nella quale probabilmente nacque l’idea definitiva di mettere su il tributo a questa fantastica band. Mi sono rifatto comunque in seguito con i concerti di Mark Knopfler da solista andando persino alla mitica Royal Albert Hall a Londra per due concerti nel 2001 e uno nel 2013.
D Prima dei Main Street hai
fatto parte di altri gruppi?
R Avevo 14 anni e Il primo gruppo di cui ho fatto parte era
composto da 3 ragazzi più grandi di me di qualche anno. Il loro
chitarrista era partito per il militare e tramite conoscenze in
comune mi hanno ingaggiato e lì ho avuto la possibilità di suonare
la musica del momento (U2, Police, e naturalmente, tra i vari brani,
suonavamo anche Sultans of Swing) ricordo ancora le emozioni delle
prove nella cantina del batterista di allora, con gli amplificatori a
tutto volume, i colpi di grancassa e di basso che ti arrivavano
dritti allo stomaco e la mia chitarra amplificata che cominciava a
farmi alzare la pelle sulle braccia. Questo gruppo duro il tempo di
un’estate ma fu ciò che mi fece venire la voglia di mettere su una
band tutta mia, cosa che avvenne qualche anno più tardi e che poi
sarebbe diventata i Main Street.
D Oltre a Mark Knopfler,
quali altri chitarristi hanno acceso la tua fantasia?
R Sicuramente tra i miei preferiti Eric Clapton, Stevie Ray
Vaughan, David Gilmour, Ritchie Sambora (per il mio periodo Glam anni
80) e Slash. Amo i chitarristi che suonano col cuore più che con la
tecnica.
D Progetti futuri, qualche
concerto appena possibile ?
R Quando potrà riprendere la
musica live, certamente riprenderemo la nostra attività dal vivo. Al
momento è tutto fermo ma, a pandemia passata (speriamo presto) gli
eventi che faremo saranno postati sul nostro sito
www.mainstreet-direstraits.com
e sulla nostra pagina Facebook.
D Livorno e la musica…una
città che ha vissuto di musica riesce difficilmente ad “uscire
dal suo guscio”…tutta colpa del nostro carattere o c’è altro?
R Certamente, almeno per la mia esperienza, Livorno è sempre
stata una piazza molto ostica e nella quale il genere da noi suonato
non ha mai attecchito più di tanto, tant’è che i nostri concerti
nella città di Livorno si contano sulle dita di una mano in quasi 30
anni di attività. Peccato perché ci piacerebbe poter essere
presenti anche nella nostra bellissima città. Ma si sa, come dice il
vecchio adagio, nessuno è profeta in patria.
D Oggi i giovani preferiscono
un certo genere di musica, che forse sbagliando, non la annovero
neanche alla casella musica…ai vostri concerti partecipano i
giovani livornesi, conoscono la band britannica ?
R Devo dire invece che ai nostri concerti ci sono anche molti
giovani livornesi che ci seguono dove possibile e che amano i Dire
Straits. Tra l’altro vedo molti chitarristi giovani sul web che
suonano la chitarra rifacendosi a Mark Knopfler e questo vuol dire
che la buona musica non passa mai di moda.
D Piero, ognuno di noi ha un
rimpianto per non essere salito su quel treno che aspettava solo
noi…musicalmente parlando dove andava quel tuo treno ?
R Sicuramente anche io faccio parte di quella gran fetta di
umanità che ha almeno un rimpianto; Non voglio trovare scuse ma ai
miei 15/16 anni, momento in cui doveva scattare la decisione di
intraprendere la vita da musicista, non c’erano molti mezzi per
sapere a quale porta bussare, specialmente in una piccola realtà
come la Toscana ma direi l’Italia in generale. Non esistevano
vetrine come Facebook o Youtube sulle quali potersi mettere in
“mostra” e sperare di essere visti. C’erano ancora i locali
fumosi nei quali andavi a suonare sperando che nel backstage a fine
concerto si facesse avanti un tizio che ti diceva:…Hey ragazzi
siete bravi vi vorrei far fare….). Comunque le soddisfazioni, nel
nostro piccolo, ce le siamo tolte. Suonare davanti ad un pubblico che
fa la fila davanti al botteghino 2 ore prima del tuo concerto
(sebbene non siamo “nessuno”) e che durante la serata ti incita
come se tu fossi davvero Mark Knopfler ti fa capire che tutti gli
sforzi fatti fino ad oggi e credimi sono tanti, da qualche parte
hanno portato. L’emozione che si prova nel suonare dal vivo la
musica che hai ascoltato sin da piccolo, dell’artista che hai
tentato di imitare così tante volte davanti alla TV, solo questo si
può considerare, per me, un successo.
D Chi è oggi Piero Licari?
ROggi Piero Licari è un “ragazzo” sulla cinquantina
che ha ancora le sue chitarre tra le mani con la stessa passione e
curiosità per la musica di quando aveva 15 anni. Mi dedico allo
studio della chitarra, spaziando per i generi da me preferiti (Rock,
Blues e country) e della musica in generale, alla registrazione e
arrangiamenti dei brani nel mio Home studio, insomma un inguaribile
amante della musica.
D Diego Persi Paoli bassista…innamorato dello strumento o chitarrista pentito ?
R Il
basso elettrico è uno strumento che mi ha affascinato fin da subito
quando quindicenne lo sentì suonare da Damiano Dattoli bassista
eclettico, molto in voga nel panorama musicale milanese dell’epoca
siamo a metà degli anni 70.
D Il
basso, in sintonia con la batteria in un gruppo è quello che detta
il ritmo, ricama, ricuce…solitamente si piazza dietro il
chitarrista ed eventuale cantante, ma impensabile un gruppo rock
senza questo strumento…
R La
“ritmica” (basso batteria) come viene definita dagli addetti ai
lavori è qualcosa di imprescindibile nella costruzione
dell’arrangiamento di un brano e in tutti i generi musicali così
come nel Rock e il Pop dove la scansione del tempo deve essere solida
e chiara per permettere alla voce in primis ma anche alla chitarra
nelle parti solistiche di avere un riferimento ben solido come una
sorta di faro nella nebbia…per me basso e batteria sono come le
fondamenta di una casa, se non partiamo dal “basso” è difficile
arrivare al tetto.
D Attualmente
fai parte del gruppo Basaglia’s Concept Quartet, ottimo gruppo con un
nome che solo a Livorno poteva essere pensato…come sei entrato a
farne parte?
R Con Giorgio Taurasi caro amico, bravo chitarrista e arrangiatore ci conosciamo da più’ di vent’anni infatti verso la metà degli anni 90 collaborammo in varie formazioni dell’epoca. Dopo esserci persi di vista per diversi anni…mi viene in mente il titolo di un bellissimo film dei fratelli Coen “Non è un paese per vecchi” titolo che cambierei con “Non è un paese per musicisti” l’ Italia, per dire che la vita ti porta a fare scelte diverse, ma questa è un’altra storia… fortunatamente a distanza di tempo abbiamo ripreso il nostro cammino che ci porta a confrontarci su idee musicali e non solo perché se il collante è ovviamente la musica, i valori di condivisione di alcuni aspetti della vita sono altrettanto importanti in special modo oggi. Nascono quindi i Basaglia’s Concept dove l’idea è quella di non essere mai scontati senza dover però essere troppo “dotti musicalmente” o forse sarebbe meglio dire complicati, penso che non bisogna mai dimenticare che il nostro pensiero musicale deve arrivare a chi ascolta destando curiosità e piacere. Da qui ai Basaglia’s Concept Quartet il passo è breve e così entrano a far parte della band due bravi musicisti Mirco Pierini alla tromba e Sergio Consani alla batteria che contribuiscono con il loro talento e “sana pazzia” a completare la formazione.
D Ovviamente
non è stato il tuo primo gruppo…
R
Ehh no le formazione che si sono susseguite nel
corso degli anni sono tante, ricordo gli inizi, avevo 16 anni con mio
fratello Claudio bravissimo pianista classico e pop suonare nei night
club della Versilia gran palestra fu quella, ho avuto nel tempo la
fortuna di spaziare in diversi generi musicali che sicuramente mi
hanno permesso di crescere ed essere più duttile musicalmente
suonando in formazioni di Fusion, Acid Jazz, Funk, Pop, Rock, Jazz,
Country e Surf Music.
D Sound
particolare il vostro…fusion, new wave, puntatine di jazz..
R
Si, come dicevo prima le influenze musicali nel corso degli anni
sono state diverse e tutte interessanti, agli inizi mi piaceva la
fusion un genere che con il tempo e andato quasi a scomparire ma per
me sempre di grande ispirazione, band come Yellowjackets, Spyro Gyra,
Uzeb etc. solo per nominarne alcune, da li l’interesse per il Jazz
e poi il ritorno verso generi più “commerciali” ma per niente
scontati e semplici da suonare come il rock e il pop, credo e spero
che questo mix di generi si riconosca nel sound di Basaglia.
D Ci
sono stati bassisti che hanno fatto la storia del rock…Sir Paul
McCartney, Peter Entlewsiste e molti altri…quali i tuoi mostri
sacri, le tue icone ?
R
Quanti bravi Musicisti ci sono stati e ci sono tutt’ora anche se
tanti purtroppo ci hanno lasciato chi prematuramente e chi in questi
ultimi anni. Propio in questi giorni si è spento Chick Corea. Quando
ho iniziato a suonare stava tramontando una stella che anche se non è
più tra noi da tanti anni, brilla tutt’ora nel cielo, parlo di
Jaco Pastorius chiamarlo bassista è riduttivo, musicista a 360 gradi
compositore di brani bellissimi Jaco con il suo talento ha
rivoluzionato il modo di suonare il basso elettrico. Un’altro
grande bassista e Nathan East con una discografia da paura, trovi la
sua firma su migliaia e dico migliaia di produzioni di generi diversi
tutte di alto livello. Se guardiamo in casa nostra ci sono due nomi
da cui non posso prescindere, Massimo Moricone anche lui non scherza
per quanto riguarda le produzioni di livello nazionale e
internazionale e infine Dario Deidda musicista apprezzato a livello
internazionale con molteplici collaborazioni in formazioni europee.
D Ricordo
una tua presenza al Surfer Joe…purtroppo questo virus impedisce di
esibirsi e ascoltare musica dal vivo…per quanto vi riguarda, appena
possibile, ci sono progetti, magari concerti in città ?
R
Mi
hai fatto ricordare la piacevole collaborazione con Surfer Joe nella
persona di Lorenzo con cui ho condiviso ben 4 anni di musica surf in
giro per l’Europa, grazie! Per quanto riguarda i concerti stiamo
vivendo un periodo buio dove ancora una volta viene messa ahimè’
in risalto la precarietà del mondo artistico in generale, non farmi
dire altro. Per quanto riguarda i progetti, Basaglia continua a
scrivere musica fa parte del nostro DNA , siamo sempre pronti per i
live quando verrà il momento…speriamo…presto.
D
Livorno e la musica…Livorno città dai mille gruppi che non hanno
mai brullato veramente…qual’è il tuo rapporto con la città
musicale ?
R
Un rapporto ai minimi termini, nel senso che ho spesso lavorato fuori
dalla provincia poco a Livorno.
D Tutti
noi abbiamo un rimpianto che ogni tanto ci fa
intristire…musicalmente parlando, qual’è il tuo ?
R
Non
mi piace guardare indietro, avrei potuto forse emigrare in paesi dove
la musica non è considerata solo un hobby.
D Chi
è oggi Diego Persi Paoli ?
R
Uno spettatore attonito di un mondo che sta cambiando più in fretta
di quanto si possa immaginare, nel bene nel male? Questo non lo
posso sapere anche se le premesse non sono delle migliori (ai posteri
l’ardua sentenza diceva il Manzoni)…
Oggi come ieri mi sento come un sognatore irriducibile sempre
alla ricerca di uno spunto, una frase musicale, un suono che possa
catturarmi, un particolare quasi inafferrabile che lasci in me quella
sana insoddisfazione stimolo a continuare questo viaggio nella musica
con la musica senza dimenticare un pizzico di buona sana pazzia.
D Giorgio Taurasi chitarrista…immagino un amore per la sei corde nato fin da bambino…
R In realtà non è andata
proprio così, la vera irrefrenabile passione è iniziata durante il
periodo dell’adolescenza. Prima di quel momento fui avviato allo
studio della musica ma, essendo per natura un po’ ribelle, non volli
dare continuità a ciò che mi veniva proposto dai genitori, inoltre
per il contesto socio-culturale al quale appartenevo lo studente di
musica poteva essere oggetto di sgradevoli attenzioni, bullismo
incluso.
D Attualmente fai parte del
gruppo Basaglia’s Concept Quartet, ottimo gruppo, ottimi musicisti,
poi il nome è tutto un programma…come nasce questo “complesso”
?
R Nasce… dall’autoanalisi! Ovviamente scherzo ma fino ad un certo punto, mi spiego: con l’amico e bassista Diego Persi Paoli scriviamo e proviamo i nostri repertori con un approccio che mobilita la nostra massima capacità di concentrazione fino a quando, oltrepassato questo limite, ci troviamo in una dimensione in cui si sperimenta una sorta di inerzia nel proprio modo di suonare, a quel punto si operano i necessari aggiustamenti attraverso l’ascolto reciproco, si fissano nero su bianco le idee più felici, apriamo la prova al quartetto (gli amici e ottimi professionisti Mirco Pierini tromba/flicorno e Sergio Consani Batteria) e il processo riparte senza mai chiudersi definitivamente, la spirale potrebbe essere il nostro logo. Durante questa attività accade che ci facciamo delle grandi risate, ci prendiamo in giro senza pietà e continuiamo a farlo anche durante la cena che dopo condividiamo. Insomma, il lavoro consiste nell’entrare ed uscire da dimensioni molto diverse tra loro e questa dinamica ha il segno della follia, questo rito creativo ha qualcosa di sciamanico e, ripeto, divertente! Ovviamente, dato che le cose non vengono sempre come vorremmo, attraversiamo anche forti momenti di frustrazione, fatica e talvolta ci domandiamo perché lo facciamo con la mente al nostro conto corrente . Lì abbiamo la conferma che qualcosa in noi non funziona davvero ma poi ce ne freghiamo… Da pazzi no?
D Difficile etichettare (che non
è mai bello) il vostro sound..chitarra, basso, batteria, tromba e
flicorno…fusion può andare bene ?
R “Nu
Fusion” forse calza
meglio ma non ne siamo sicuri nemmeno noi. Certamente siamo attratti
dalle mescolanze timbriche offerte dalla natura dei nostri strumenti,
le relative combinazioni e integrando il tutto con quanto l’attuale
tecnologia analogica ci mette a disposizione. Non siamo più dei
ragazzi e il digitale è per noi un mezzo per guidare l’analogico,
non il fine. E poi ci piace giocare un po’ con i generi musicali,
ricombinarli tra loro, spesso ironizzare su certi stilemi. Questo
modo di procedere però non frammenta mai il nostro sound, ciascuno
di noi ha infatti una specie di campanello di allarme al riguardo e
poi ve lo immaginate se Mirco si azzardasse a fare un solo in stile
messicano? Lo bullizzeremmo ferocemente per il
resto della serata! Anzi
degli anni a venire!
D Prima dei Basaglia’s hai fatto
parte di altre band ?
R Sì molte, dal duo alla Big
Band e devo dire che questa è stata una palestra molto bella ma oggi
credo che il quartetto sia la migliore formazione; ha il pregio di
essere snello e, osservando certi accorgimenti, permette di non
rinunciare alla dimensione orchestrale. Vorrei aggiungere una cosa,
chi fa questo lavoro spesso si trova a collaborare con colleghi che a
volte vede solo per l’occasione del concerto e ovviamente di un paio
di prove prima di quest’ultimo; in un certo senso è il repertorio
che stabilisce l’ensemble, il repertorio lo “si studia a casa e da
piccoli”, così si dice, il resto è un assestamento del gruppo cui
segue la performance e poi ti saluti, non è il massimo sinceramente.
In altri casi accade che il numero di prove e dei componenti
dell’ensemble sia stabilito dal compenso che la committenza mette a
disposizione e la cosa acquista un sapore ancora più amaro. Lo dico
perché alla fine di tanti gruppi in cui hai militato, quelli veri,
quelli in cui hai sviluppato il tuo percorso con soddisfazione
professionale, continuità, amicizia, rispetto e crescita reale in un
arco di tempo significativo sono pochi, pochi ma buoni.
D Quali sono i tuoi punti di
riferimento, i tuoi mostri sacri, i chitarristi che imitavi davanti
allo specchio?
R Davanti allo specchio non
credo di aver mai imitato nessuno salvo qualche espressione buffa di
Totò che adoravo, ma chiuso in camera mia quando ero ragazzo e nel
mio studio poi, ho amato e amo ancora Frank
Zappa
e Pat Metheny. Loro sono come due rette parallele, non si incontrano
mai date le loro notevoli differenze ma per me sono come due binari;
due binari che mi permettono ancora oggi di viaggiare senza
deragliare. Probabilmente la mia latente bipolarità è data anche da
questa strana sintesi stilistica che io stesso fatico a comprendere
D Questa pandemia ha “troncato
le gambe” a tutta l’arte in genere, ancora di più alla musica
che senza il contatto con il pubblico perde molta della sua essenza,
del suo dare e ricevere emozioni…sapremo riprenderci e tornare a
suonare e ascoltare concerti ?
R Me lo auguro con tutto il
cuore, mi auguro che l’ascoltatore ritrovi la sua identità e non
si senta appagato dal surrogato del concerto proposto dal mondo
digitale. Mi auguro anche che, di conseguenza, il musicista non
atrofizzi il suo profilo artistico diventando una specie di
programmatore di App con cui regalare (anzi vendere), l’illusione
di poter della musica in solitudine, ognuno da sé.
D Progetti futuri ?
R Curarmi di questo gruppo,
osservarne lo sviluppo, mantenerne l’equilibrio, raccogliere i dati
salienti e alimentarne lo spirito. Fare questo, per chi è un po’
folle, rappresenta un orizzonte… Anzi una cura. Se poi questo
porterà a qualche risultato di più ampio respiro progettuale (leggi
soddisfazione economica o mediatica) meglio ancora, accoglieremo tale
risultato come un positivo riflesso del nostro essere musicisti.
D Livorno e la musica, Livorno
città della musica…centinaia e centinaia di band sono nate nella
nostra città, moltissimi ottimi musicisti intercalano con il
dè…eppure…cosa manca per fare il salto di qualità ?
R Manca l’attenzione di coloro
che, in qualità di organizzatori di eventi, dovrebbero saper
cogliere i segni più genuini del patrimonio culturale cittadino. E’
un dato che essi siano oggi del tutto privi di quel tratto
intellettuale proprio di coloro che, secondo le categorie spinoziane
si potrebbero definire come conoscenze di terzo genere e cioè quelle
che si nutrono delle intuizioni, della penetrazione immediata
nell’essenza delle cose. Ora, se il musicista ha il dovere di
interagire con la materia della sua arte, plasmarla, rendere
significativo il proprio linguaggio, porre un interrogativo al suo
ascoltatore, condurlo in un altra dimensione e insieme a lui
ricordare che le cose possono essere osservate da infiniti punti di
vista allora chi organizza l’evento ha il dovere di creare le
condizioni che facilitino questo processo artistico e lo veicolino
positivamente orientando così i gusti del pubblico verso l’operato
del musicista. Ha inoltre, una volta registrato il feedback dei suoi
diversi interlocutori, il dovere morale di documentare il proprio
operato rendendolo disponibile a colui che ne raccoglierà l’eredità
ma questo a mio avviso non accade e spesso il musicista deve
sostituirsi all’organizzatore senza averne però le competenze. Ecco
dunque uno dei problemi che tutti abbiamo sotto gli occhi: un
ingranaggio che gira vuoto spinto anche da sentimenti non sempre
proprio nobili che alla lunga sfibrano e logorano le persone, gli
ensemble. La classica guerra tra poveri, tra ruffiani, è quanto di
peggio serva alla nostra città alla nostra musica.
D Tutti noi abbiamo il rimpianto
di non essere saliti su quel treno che ci stava addirittura
aspettando, musicalmente parlando, dove andava quel tuo treno ?
R Non ho mai pensato in termini
di treni come occasioni mancate perché alla stazione di treni e
quindi di occasioni ce ne sono molte. L’importante è avere in una
mano un biglietto per salire e nell’altra, se ne senti il bisogno,
il denaro per scendere alla prima stazione e acquistarne un altro e
proseguire verso la destinazione che scegli, ecco tutto. Non ho
rimpianti, sono un curioso spettatore della mia vita, anzi, ne sono
un ascoltatore attivo.
D Chi è oggi Giorgio Taurasi ?
R Un folle sotto mentite
spoglie, una persona a suo modo fortunata.